AI generativa per servizi pubblici e pianificazione, un grande contributo a Comuni, Province e Regioni 

Francesco Raphael Frieri

«La gente dovrebbe smettere subito di studiare radiologia. È del tutto ovvio che in cinque anni il deep learning farà meglio dei radiologi». Così affermava Geoffrey Hinton nel 2016, luminare di Stanford e dell’Università di Toronto. Sono passati otto anni e i radiologi sono più utili che mai; alcuni iniziano a usare complesse architetture di intelligenza artificiale per aumentare l’accuratezza delle proprie diagnosi, ma non vengono affatto sostituiti dall’AI.

L’errore dei neopositivisti in preda a facili entusiasmi, quando si approccia una rivoluzione industriale, è quella di rappresentare un certo mestiere soltanto grazie a una sola attività iconica, neppure spesso quella prevalente. I radiologi non fanno solo diagnostica nel proprio tasking, ma preparano report, documentano le proprie interpretazioni, comunicano i risultati ad altri medici, studiano tracciati di precedenti diagnosi dei propri pazienti, incrociano le proprie conclusioni con altre diagnosi mediche, molto spesso sono anche manager di altri radiologi e partecipano a convegni delle materie di specializzazione. L’elenco potrebbe proseguire, per i radiologi e per altri mestieri, ma l’errore di vedere una sola attività iconica porta a sopravvalutare l’effetto sostituzione dell’AI. L’intelligenza artificiale esiste da molte decadi e oggi si annoverano in questa famiglia decine e decine di tecnologie molto diverse fra loro. Tuttavia, dalla seconda metà del 2021 si è affermata l’intelligenza artificiale così detta generativa, ossia LLM (large language model). Secondo McKinsey potrà aggiungere dai 2,6 ai 4,4 miliardi all’economia americana, secondo Goldman Sachs potrà contribuire del 7% al Pil statunitense in dieci anni e, secondo anche altre fonti, impattare almeno del 10% le attività giornaliere dell’80% dei mestieri in pochi anni. A differenza di un bot costituito da AI tradizionale come il machine learning, un LLM può interpretare i contenuti, esattamente come farebbe un essere umano preparato a rispondere su un argomento.

È del tutto evidente che siamo di fronte a una tecnologia di ampia e impattante applicazione, come lo è stata l’introduzione del motore a vapore nell’Ottocento in molteplici settori. Le performance finanziarie titoli azionari delle società più coinvolte nel nuovo settore non hanno precedenti in termini di velocità, né rispetto alla storia dei social network, né di altre tecnologie informatiche. Tale accelerazione è sospinta dall’accresciuta capacità di calcolo contemporaneamente all’elevata disponibilità di contenuti, ossia di dati, fra loro interoperabili (ove la compliance lo permetta).

Buona parte del tasking dei mestieri dei funzionari delle burocrazie pubbliche che producono servizi per i cittadini dipendono dall’uso del linguaggio umano. Otteniamo un certificato in Comune grazie al linguaggio, riceviamo un referto medico grazie al linguaggio, iscriviamo un figlio all’asilo, chiediamo informazioni a un agente o a un autista di un mezzo pubblico. Non solo, i pagamenti sono disposti da atti amministrativi, così come i contenuti di una mappa sono generabili leggendo altre mappe e recependo contenuti grazie al linguaggio. È facile intuire che tipo di impatto possa avere un’AI generativa su questa tipologia di servizi, sia quelli comuni a tutte le organizzazioni pubbliche, sia quelli tipici prodotti grazie a competenze e funzioni specifiche. I primi sono la gestione documentale, l’interpretazione delle norme, la produzione di report, verbali e atti amministrativi, il rapporto di prima istanza col pubblico, la gestione di bandi e la ricezione delle domande, di qualsiasi tipo siano. I secondi sono tutti i servizi pubblici locali che possiamo immaginare: dai trasporti a una diagnosi che fa uso di una radiologia. «L’AI non rimpiazzerà i radiologi, ma i radiologi che useranno l’AI rimpiazzeranno i radiologi che non lo faranno», afferma Curtis Langlotz, Professore di Radiologia a Stanford. Se estendiamo tale previsione ai mestieri che sostengono i servizi pubblici, possiamo immaginare quello che può accadere in pochi anni. Sempre secondo McKinsey l’AI generativa impatterà molto su professionisti di natura amministrativa, nel settore educativo (dove report e procedure sono assai presenti), nei settori dell’high tech, di banche e assicurazioni, energia, packaging, telecomunicazioni, vendite, selezione e gestione del personale, informazione ed entertainment. Del resto, ci sovviene alla mente l’immagine delle recenti manifestazioni dei ghostwriter di Hollywood che protestano per i licenziamenti di massa.

Un ulteriore studio di Tyna Eloundou e altri, dell’agosto 2023 (!), afferma che GPT4 impatterà sui redditi medio alti, più che sui mestieri meno retribuiti. Qui sta un’altra prima evidenza che distingue tale rivoluzione industriale dalle altre della storia: colpisce le professionalità che usano un linguaggio complesso e diffuso, quindi riformulabile in molteplici combinazioni di contenuti. Le grandi multinazionali di software stanno già offrendo servizi di copiloting, ossia di integrazione dell’AI generativa con le applicazioni che normalmente usiamo tutti i giorni al lavoro. Di conseguenza lo stesso programma che riceve la posta ce la riassume in base alle nostre preferenze, il programma di videoconferenza verbalizza e, a richiesta, traduce istantaneamente in un’altra lingua, il foglio di calcolo completa le serie di data entry, suggerisce grafici e contenuti di data analytics, il disegnatore di slide è in grado di leggere o di recepire un ordine vocale producendo esso stesso le slide, perfino il testo che leggete ora è stato corretto grazie ad un LLM, al redattore non resta che correggere un prodotto via via più allineato alle proprie preferenze. Il numero di persone applicate nella gestione di un CRM si ridurrebbe di molto con un evidente guadagno di soddisfazione del cliente. Tali processi disegnano una AI che è un’intelligenza aumentata per l’owner di un processo, ma che assottiglia il fabbisogno di collaboratori anche molto qualificati: che si tratti di uno studio professionale o della redazione di un giornale, il salto appare visibile.

Forse la Pa locale potrebbe beneficiare di un aumento della produttività pro capite, riducendo i costi di funzionamento complessivi e realizzando team multidisciplinari per ciascun processo. Ciò grazie a una trasformazione digitale che ridefinisca i profili professionali, aumentando i salari, e progettando un middle management multidisciplinare, incrementando contemporaneamente la possibilità di reclutare giovani preparati, aggiungendo anche competenze SteM (cosa che appare sempre più impossibile con i salari di ingresso attuali) e riducendo la gerarchia nelle strutture organizzative. Attualmente i dipendenti delle Pa territoriali sono all’incirca poco più di 1,3 milioni, ma ne andranno in pensione 400 mila in otto/dieci anni. Sia per l’andamento demografico, sia a causa dell’assenza di competenze Stem, sarà possibile sostituirne una parte, forse la metà, dipenderà dall’andamento della spesa pubblica nei prossimi anni. Oggi il costo medio aziendale di ciascuna persona impiegata è di 55mila euro, ma un aumento di produttività potrebbe permettere di aumentarlo della metà, lasciando l’altra metà a beneficio dell’erario (oltre 20 miliardi strutturali), rendendo la PA territoriale più attrattiva a vantaggio di un cittadino che riceve risposte (giuste) molto più veloci, e di un’impresa che contribuisce alla crescita nelle proporzioni di cui sopra.

Per cogliere l’opportunità serve chiarire la finalità delle Pa locali, ossia una nuova coesione territoriale digitale. Si potrebbe cominciare dalle amministrazioni che possiedono sia capacità di governare la rivoluzione industriale, sia detengono e sono abilitate ad usare grandi set di dati, sia infine dispongono di grande potenza di calcolo. Per chi rimarrà indietro non è escluso che la disintermediazione avvenga ad opera di big company capaci di collezionare dati e generare servizi nativamente digitali, a meno che le amministrazioni più avanzate, in una seconda fase, “adottino” quelle a rischio di marginalità.

Pubblicato sul Sole 24 ore il 05 Aprile 2024

 
 

Trasformazione digitale e organizzativa di un’orchestra sinfonica [1]

 Francesco Raphael Frieri[2] e Aldo Sisillo[3]

 

“Tradizione non è venerazione delle ceneri, ma preservazione del fuoco." 

Gustav Mahler

 

Sommario

Nel 2008 viene realizzata la prima piattaforma di streaming di musica sinfonica nella storia. Il direttore e compositore sino-americano Tan Dun, assieme ad un altro direttore d’orchestra, Michael Tilson Thomas, selezionano in poche settimane un’orchestra chiamata Youtube Symphony Orchestra, grazie ai video delle candidature caricate sull’omonimo social network. Per lanciare l’iniziativa viene composto da Tan Dun un brano di cinque minuti chiamato Eroica eseguito unendo fra loro brani preregistrati sovrapponendo le tracce. “A symphony per youtube” eseguita per la prima volta dalla London Symphony Orchestra da 90 musicisti selezionati on line da migliaia di candidati da tutto mondo, dettero luogo a una nuova orchestra. La Youtube Symphony Orchestra si esibirà per la prima volta nell’aprile 2009 alla Carnegie Hall a New York, grazie alla sponsorship di Google, proprietario di Youtube.

Questo articolo vuole dimostrare come questo caso sia sostanzialmente la prima Trasformazione Digitale (TD) di un’organizzazione complessa orchestrale nella storia, trasformazione che creò relazioni estese a tutto il pianeta, abbreviò enormemente i tempi di selezione, ridusse sensibilmente i costi, avvicinò un vasto pubblico giovane alla musica classica. Ciò che è poi successo alle grandi orchestre di oggi anche durante la pandemia, può essere interpretato alla luce di quella innovazione. 

Parole chiave

Trasformazione digitale, orchestra sinfonica, direttore d’orchestra, management social network, piattaforme culturali, musica classica, youtube, Tan Dun

Abstract

In 2008, the first symphonic music streaming platform in history was created. The Chinese-American conductor and composer Tan Dun, together with another conductor, Michael Tilson Thomas, formed an orchestra called Youtube Symphony Orchestra in a few weeks, thanks to the videos of the applications uploaded on the homonymous social network. To launch the initiative, Tan Dun composed a five-minute piece called Eroica, the brevity of which was due to the connection speed at the time. "A symphony for youtube" was performed for the first time by the London Symphony Orchestra, which supported the selection of thousands of musicians from around the world, and that gave life to the new orchestra. The Youtube Symphony Orchestra performed for the first time in April 2009 at the Carnegie Hall in New York, thanks to the sponsorship of Google, owner of Youtube.

This article aims to demonstrate how this case is substantially the first Digital Transformation of a complex orchestral organization in history, a transformation that created relationships across the planet, brought classical music closer to a vast young audience, greatly shortened selection times and significantly reduced costs. What is happening to today's great orchestras, even during the pandemic, can be interpreted in the light of that innovation.

Keywords

Digital transformation, symphony orchestra, conductor, culture management, social networks, cultural platforms, classical music, youtube, Tan Dun

 

Il caso

Nel dicembre del 2008, la crisi finanziaria che avrebbe per sempre cambiato gli equilibri economici fra oriente e occidente era appena cominciata. Erano in commercio i primi cellulari, ma sostanzialmente si trattava di macchine analogiche con poca memoria, contemporaneamente i personal computer erano il mezzo con cui le persone producevano testi scritti e fogli di calcolo, avevano una capacità di calcolo dell’ordine dei Mega Hertz, una memoria di qualche decina di mega bytes ma, soprattutto, le connessioni viaggiavano a circa 20 o 30 Mega bytes al secondo (Mbps).

Nel dicembre 2008 un compositore di orchestra sino-americano di nome Tan Dun lanciava una selezione nel popolare canale You-Tube già acquisito due anni prima da parte di Google, e secondo solo a quest’ultimo per visite nel web[4]. Selezione che avrebbe portato prima alla esecuzione di un brano di cinque minuti chiamato “A Symphony for You-Tube”, “Eroica”[5] eseguito unendo fra loro brani preregistrati e sovrapponendo le tracce. Tan Dun aveva postato sul canale you tube un’anteprima al momento del lancio dell’iniziativa. La brevità dell’opera era dovuta alla bassa velocità di connessione dell’epoca. Successivamente ebbe luogo la prima esibizione della You-Tube Symphony Orchestra il 15 aprile del 2009 alla Canergie Hall di New York, sotto la conduzione del direttore Michael Tilson Thomas.

Nel giro di poche settimane erano stati reclutati da migliaia di candidature un centinaio di musicisti, che vennero assistiti dalla masterclass dei componenti della London Symphony Orchestra, e poi dettero vita ad una nuova orchestra composta da giovani orchestrali provenienti da tutto il mondo: la You-Tube Symphony Orchestra, evidentemente non in pianta stabile. Il tutto a costi e tempi ridottissimi e, soprattutto, dando vita alla trasmissione in streaming della musica classica nel web, rendendo disponibile tutte le volte che si vuole gli stessi contenuti alle orecchie e alla vista di qualsiasi angolo di mondo. Una nuova esperienza musicale apolide, vicina al pubblico giovane, globalizzata, che realizzava una DT dell’organizzazione complessa di una orchestra sinfonica. Una trasformazione organizzativa che si fonda sul digitale che oggi ha compenetrato e integrato i modelli organizzativi delle orchestre e delle piattaforme contemporanee.

Questo articolo vuole analizzare quel momento storico alla luce di una originale conoscenza e intervista realizzata col Maestro Tan Dun.

1. Che cosa è successo con la Youtube Symphony Orchestra

Tracciata la linea evolutiva fino ai giorni nostri, Youtube si sarebbe rilevato il maggior social network[6] anche soprattutto durante la le diverse ondate da pandemia da Covid-19[7]. Attualmente Youtube vanta ben due miliardi di utenti loggati, facendone la più popolare applicazione anche all’interno delle famiglie. Ben prima della pandemia, sono stati osservati audio e video registrati per trasmettere curricula di giovani musicisti, così come per condividere lezioni di musica precedentemente registrate in classe.[8] Ma durante le diverse ondate della pandemia si assiste ad una vera e propria esplosione della realizzazione di canali dedicati su YouTube, piuttosto che di video caricati gratuitamente, da parte delle maggiori orchestre del mondo. La piattaforma YouTube costituisce un vero e proprio sistema di gestione documentale dei contenuti audio video.Invece, la Berliner Philarmonic Orchestra ne ha realizzato una propria. Durante la prima ondata della pandemia, essi ne hanno concesso gratuitamente l’uso al mondo interno, aumentandone la popolarità. Una Digital Transformation che ha portato i Berliner a ribattezzare la propria celebre sala da concerti “Digital Concert Hall”[9] proponendo abbonamenti e acquisti di singoli biglietti da qualsiasi devices o impianto utilizzato. Già nel 2013 la piattaforma dei Berliner conteneva più di 200 concerti per più di 500 pieces musicali, ben 165 mila devices avevano scaricato e istallato la rispettiva app portando al 50% delle entrate generate da persone che vivevano al di fuori dall’Unione Europea (all’epoca anche UK era in UE)[10].

Il caso seminale della DTdella Youtube Symphony Orchestra però era stato più radicale: si pensi che fra il dicembre 2008 e marzo 2009, novanta musicisti furono selezionati fra 3.000 candidature video. Le età dei candidati variavano fra il 17 e i 55 anni coprendo ben 30 differenti paesi nel mondo.[11] Google, il proprietario del social network, commissionò il brano Internet Symphony No. 1 – Eroica al compositore sino americano Tan Dun. Il progetto prevedeva l’esecuzione di tale brano e l’immediato caricamento su YouTube a dicembre del 2008, al fine di lanciare l’iniziativa di reclutamento, esecuzione da parte della London Symphony Orchestra che svolse anche il ruolo di assistenza tecnica alla selezione dei partecipanti, come in una tipica masterclass. Furono raggiunte 13 milioni di visite, dando vita ad un primo fenomeno di crowdsourcing [12]. I video dei semifinalisti furono composti in un mashup[13] che eseguì l’Eroica di Tan Dun, riproducendo in una unica performance una matrice a più dimensioni fra le variabili: musicisti, tempo e partitura. Un gesto artistico che emergeva da una “multi-track creativity”[14] pubblicato in formato open, gratuito e senza tempo.

 

Una foto da The Guardian

Il tema dell’Eroica di Beethoven spiega la scelta del nome. La durata di poco più di 5 minuti, oltre che la scarsa risoluzione, fu motivata dalla velocità di connessione di quel momento: non oltre un centinaio di Kbps.    

Il processo di selezione, il mashup, la diffusione via web furono un “opera prima” che avrebbe influenzato il settore. Il 15 aprile 2009 si tenne alla Canergie Hall, a New York, il primo concerto della nuova orchestra sinfonica, diretta da Michael Tilson Thomas[15]. Il compositore Tand Dun definì l’evento “il palcoscenico più grande del mondo”.

 

2. Che cosa intendiamo per trasformazione digitale (DT)

Possiamo proporre più definizioni di DT di un’organizzazione complessa, vediamone alcune utili a questo caso:

·      L’uso di tecnologie al fine di migliorare radicalmente la performance o la capacità di un’organizzazione;[16]

·      Un processo evolutivo che fa leva sulle capacità digitali e le tecnologie per favorire il business model, i processi operativi e la customer experience al fine di creare valore;[17]

·      Un processo finalizzato a migliorare un’organizzazione (entity) innescando cambiamenti significativi riguardanti le caratteristiche dell’organizzazione stessa attraverso una combinazione di informazioni, computing, comunicazione e tecnologie di connessione;[18]

La prima definizione brilla per efficacia e mira dritta al miglioramento della performance aziendale, la seconda definizione ha il pregio – e il difetto – di definire un percorso evolutivo, quindi di esprimere un giudizio di valore riguardo all’uso di capacità e tecnologie digitali, oltre che di focalizzarsi sulla customer experience.

Qui scegliamo la terza, la più adatta al caso di una performance musicale che qui si espone, individua un processo, e non un’evoluzione, indicando miglioramenti (in termini di pubblico, di percezione di armonia etc.) di caratteristiche, fra cui la tecnologia, composta da computing e connessione, è solo una delle componenti. Le altre richiamate, quali il modo di condividere informazioni verso l’esterno e la morfologia della comunicazione (interna ed esterna ), sono variabili classiche dello studio dell’organizzazione aziendale.[19]

Per prima cosa comprendere che si tratta di un processo, non di un approdo di per sé, e quindi foriero di nuove accelerazioni o frenate. La pandemia, infatti, ha accelerato l’uso di tecnologie di connessione che, come si diceva sopra, cresce con una funzione esponenziale più rapidamente di quanto non accada alla capacità di processo delle CPU o della memoria dei dispositivi[20].

In secondo luogo, laDT deve innescare cambiamenti significativi nell’organizzazione, al fine di aumentare il valore dei beneficiari finali della performance, ossia, nel caso in esame, degli ascoltatori di musica. Non solo, viene evocata potenziata  la customer experience, nella memorabilità di una  esperienza.[21]

Infine, in terzo luogo, la DT riguarda il nocciolo delle competenze e delle attività di un’organizzazione, senza disaccoppiare gli elementi costitutivi dell’organizzazione e autopromozione .[22]

Se immaginassimo di affidarci a queste argomentazioni, ma supponendo di vivere nel 2008, proietteremmo alcune delle menzionate caratteristiche della DT ad una particolare organizzazione chiamata orchestra sinfonica immaginando che fra le competenze di musicisti, managers, personale tecnico di supporto e, soprattutto, del Direttore d’Orchestra, vi siano spiccate competenze digitali oltre che la necessaria preparazione musicale. Non solo, dal momento che le tecnologie di connessione sono un fattore fondamentale, il progetto in termini di dati dei contenuti musicali eseguiti, deve tenere conto della velocità di connessione in  quel determinato periodo, quindi, nel nostro caso, del 2008. Ma non basta: deve crescere il valore aggiunto, di conseguenza occorre essere più veloci e suonare meglio in piazza di fronte a tutti e con contenuti nuovi, meglio se brevi e capaci di conquistare nuovo pubblico[23].

 

3. Cos’è e come funziona un’orchestra sinfonica

“Non esiste altra attività in cui quaranta, ottanta o centoventi persone fanno la stessa cosa insieme con una precisione che sfiora il decimo di secondo, iniziando e finendo insieme”[24]. Tale immediata descrizione per rendere l’idea della complessità di una parte, quella visibile, dell’organizzazione “orchestra sinfonica”. Se prendiamo ad esempio la Germania, il paese dotato del maggior numero di grandi orchestre professionali (Kulturalorchester), ne troviamo ben 131 nel 2018. Tuttavia, si distinguono in 111 orchestre filarmoniche o orchestre teatrali (Philarmonie und Theaterorchester), 12 orchestre di stazioni radio (Rundfunkorchester) e 8 orchestre da camera (Kammerorchester)[25]. Numeri da capogiro se pensiamo a Stati di dimensione comparabili, anche perché nella cultura tedesca “la musica è l’arte dell’anima germanica” (Musik ist Kunst der Deutsche Seele)[26]. Ovviamente però, e lo precisiamo immediatamente, il volume non rappresenta necessariamente la qualità: essa è mappata ogni anno dalla Grammophone.[27] I criteri con cui comparare la performance della giuria di Grammophone approcciano “diverse angolazioni, giudicando le performances dei concerti così come quelle delle registrazioni, il contributo alle comunità locali e nazionali e l’abilità di mantenere uno status iconico in un clima che migliora continuamente.”[28]

Svolgendo un excursus storico, le origini delle orchestre sinfoniche sono da ricercare nei primi decenni del diciassettesimo secolo. “Quasi quattro secoli sono passati dal 1626, quando i Vingt-quatre violons du Roi della corte di Luigi XIII, accompagnati dall’ensemble Le Douze Grands Hautbois de la Grande écurie, vanno a formare insieme La Grande Bande”.[29] Pare che l’evoluzione della complessità musicale trovi in Lully e in Corelli i primi testimoni. Jean-Baptiste Lully[30], un fiorentino naturalizzato francese, che nel 1672 arriverà a dirigere l’Académie royale de musique, e che morirà di cancrena per essere stato colpito sul piede dal bastone appuntito con cui lui stesso dirigeva l’orchestra battendo ritmicamente sul pavimento. Su tale aspetto ironizza l’attrice premio Oscar Cate Blanchet nella prima scena del film Tar[31]. In Italia, negli stessi anni, succede qualcosa di simile nei salotti di Bologna, alla Corte Estense di Modena e poi a Roma con Arcangelo Corelli, il quale fu “direttore dell'orchestra che presentò l'opera Dov'è amore è pietà, di Bernardo Pasquini.”[32] Tali fenomeni danno vita all’orchestra in quanto fenomeno pan-europeo.[33] Poi nel diciottesimo secolo l’Operà di Parigi e il Gewandhaus di Lipsia iniziano ad essere orchestre permanenti a servizio delle rispettive corti, fino a portare ad una irreversibile transizione, alla pubblicizzazione dei concerti e alla standardizzazione degli ensemble sinfonici, nella seconda metà dell’ottocento.[34] L’uniformazione riguarda anche la disposizione degli strumenti, le divise dei componenti, oltre che, ovviamente la posizione del direttore.   Sono cresciuti  nel tempo i componenti in numero e varietà di strumenti, fino all’inserimento di elementi di ogni tipo nelle orchestre classiche, oppure all’utilizzo delle orchestre stesse per riprodurre musica Pop. Tuttavia, nel Novecento Leonard Bernstein, anche compositore di musicals, ha introdotto nell’orchestra classica strumenti e momenti di improvvisazione tipici del Jazz (vedi oltre), seguendo l’ispirazione nella contaminazione fra generi di un suo naturalizzato concittadino newyorkese: Antonin Dvorak ai primi del Novecento.

Al giorno d’oggi, occorre rimuovere il luogo comune dell’orchestra sinfonica ove vi sia una star sul podio che possa esercitare un incontrastato potere gerarchico. Henry Mitzberg, alla fine del secolo precedente, osservava che il suo lavoro consista nel “decidere il programma della stagione, determinare quali pieces saranno suonate, scegliere gli artisti ospiti (generalmente solisti, n.d.a.), reclutare l’orchestra e gestire qualche relazione esterna”.[35] Le attività finanziarie, il reclutamento di tutto il personale tecnico, nonché della maggior parte degli orchestrali, la logistica, l’acquisto e le manutenzioni degli strumenti, ogni altro genere di funzione di supporto, è pianificata, misurata e svolta da un altro manager, che può cambiare nome da orchestra a orchestra o da teatro a teatro.

Talvolta il compositore è anche il direttore di orchestra. In tal caso “il compositore comincia il lavoro davanti ad un foglio bianco, ma per gli orchestrali si parte dallo spartito del compositore”.[36] In ogni tipo di esecuzione, se la concepiamo quale un normale servizio, non possiamo non notare delle sostanziali differenze nell’attività di supervisione e valutazione poiché “per lui le informazioni udite dalla musica forniscono le fonti di giudizio più rilevanti sulla performance. Soltanto grazie all’ascolto da parte di un orecchio allenato, il direttore sa immediatamente cosa l’orchestra ha fatto. Nulla di tutto ciò ha bisogno di essere misurato.”[37] Riguardo ai musicisti quindi, più che essere sottoposti ad una motivata e ricorribile valutazione, “essere parte di un orchestra è solo un’altra forma di subordinazione”.[38]

Secondo Mitzberg “i professionisti necessitano di una direzione e di una supervisione leggere, hanno bisogno di protezione e supporto”, quindi “il Direttore quasi mai deve autorizzare i musicisti. Ispirarli forse, ma non autorizzarli.” Quando poi cita Zubin Meta che approda alla filarmonica d’Israele, una delle più quotate al mondo e dove ogni componente si sente un solista, descrive Meta che afferma “io sono l’unico Indiano qui, tutti quanti loro sono dei capi”. In conclusione “dirigere un’orchestra sinfonica è una sorta di leadership segreta” e se si chiede a un direttore se si percepisca come un manager, Mitzberg ne dubita.[39]

Ora supponiamo di descrivere in modo attuale i ruoli le professioni[40], rappresenteremo per ciascuna professione una serie di attitudini e competenze che servono a ricoprire un ruolo, tale interpretazione porta alla definizione di un mestiere. I mestieri fra il Direttore d’orchestra/compositore e il manager amministratore sono distinti, ma i ruoli sono decisamente prossimi e sovrapposti in termini di significato e, talvolta, possono anche portare ad un'unica persona che li impersonifica.

Figura Due possibili professioni che discendono dal medesimo ruolo.

Probabilmente nelle orchestre non in pianta stabile tale sovrapposizione è completa, nel senso che il direttore di orchestra svolge entrambi i mestieri, al contrario nelle istituzioni culturali più strutturate. Difficilmente, ovviamente, potrà accadere che in caso di piena sovrapposizione un manager senza alcuna attitudine per la musica, o le arti visive nel caso di altre istituzioni, possa ricoprire l’unica posizione prevista. David Robertson[41], direttore d’orchestra statunitense, in una conversazione all’Università della California, sostiene che il direttore d’orchestra manager deve avere due cervelli, come prevede Daniel Kahneman[42]: uno emotivo, veloce e istintivo, per dirigere l’orchestra; il secondo, lento e razionale, per negoziare con un referente finanziario i budget per la prossima stagione.[43]

In ogni caso possiamo concludere che l’organizzazione complessa “orchestra sinfonica” sia composta da due grandi anime: la prima visibile, celebre ed emblema della reputazione data dal Direttore d’Orchestra, che tende a divenire una star a livello locale o internazionale, nonché dagli orchestrali, musicisti in parte o del tutto in pianta stabile; la seconda anima però è data dall’insieme di ciò che supporta l’esecuzione e la produzione degli spettacoli, la logistica dell’orchestra stessa, gli intermediari che piazzano e comprano spettacoli, le nuove professioni digitali, digital marketing compreso, fino a tutte le attività di supporto finanziario, HR, gestione patrimoniale e consulenza legale di cui un’organizzazione complessa ha bisogno.

 

4. Che tipo di Leadership

La cultura visuale è strettamente connessa con la letteratura sulla leadership tradizionale gerarchica mentre la cultura auditiva  riguarda più partecipativi approcci alla leadership .[44] La critica che Koivunen e altri muovono alla cultura visuale e gerarchica è data  dalla comune presunzione che il podio da direttore rappresenti una posizione per l’esercizio di un potere gerarchico e carismatico da parte del direttore. Si tratta di una convinzione diffusa, del resto perfino Peter Drucker, il padre del management, è vittima del luogo comune, scrivendo che “nel tradizionale team di progettazione del "baseball" ogni posizione - ingegneria, produzione, marketing - svolge il proprio lavoro a modo suo. Nella squadra di calcio o nell'orchestra sinfonica non c'è tale permissività. La parola dell'allenatore o del direttore è legge. I giocatori (o i musicisti, n.d.a.) sono ubbidienti solo a questo capo per la loro disposizione, le loro ricompense, le loro valutazioni, le loro promozioni.”[45]

Secondo il senso comune “i processi organizzativi sono considerati meno importanti dei risultati duraturi e misurabili. La logica è questa: individui visionari al vertice di un’organizzazione gerarchica sanno cosa riserva il futuro; ne consegue che i risultati positivi sono anch’essi conosciuti e devono essere misurati o comunque chiaramente definiti. L’idea che il futuro possa essere costruito interagendo con un numero limitato di attori chiave nel tempo non un comune approccio filosofico nel pensiero sulla leadership. (…). I criteri di efficacia, come la produttività, adempimenti, direzione e chiarezza degli obiettivi continuano ad essere importanti risultati da misurare e controllare.”[46] Ulteriore effetto, che riguarda anche i direttori d’orchestra, se paragonati ai semplici orchestrali, attiene la “distanza e la differenziazione fra leaders e subordinati”[47], ciò può riguardare spesso la scelta dei posti in aereo, l’altezza degli uffici, in caso di palazzi moderni, proporzionale al potere esercitato da chi effettua la scelta, piuttosto che la visualizzazione verticale, e quindi gerarchica, degli organigrammi esposti pubblicamente, visivamente, a piramide o ad albero rovesciato. “Organigrammi e gerarchie definiscono la posizione della persona nell’organizzazione. La gerarchia indica anche la posizione di potere e la conoscenza nell’organizzazione stessa.”[48] “Perfino oggi, gli uffici dei soggetti apicali sono spesso situati nei piani alti degli edifici, ad di sopra di chiunque, come a suggerire il disporre dell’ordine delle persone in quell’azienda. Oltre alla location, la dimensione e l’arredo delle sale degli uffici riflettono ulteriormente lo stesso ordine”. (…). “Si potrebbe argomentare che non sia inaspettato che tale modello visuale divida piuttosto che unire”.[49]

Nell’interpretare il ruolo del direttore d’orchestra, ossia dell’orchestra stessa estendendo l’oggetto della nostra analisi, e per contrapposizione alla leadership visuale (gerarchica) , che qui viene rappresentata divisiva, escludente, non autentica e, in ultima analisi, inefficace alla proprietà emergente della performance orchestrale: l’armonia, viene definita come una nuova leadership auditiva. Ne parla giustamente Tan Dun (vedi oltre), non solo riguardo all’armonia, ma anche quando parla di percepire e connettere persone che vengono da regioni, culture e linguaggi diversi, quale emblema del termine sinfonia (vedi oltre). In generale, “invece di meravigliarci dei grandi Direttori di Orchestra, potremmo piuttosto carpire i processi intrecciati attraverso i quali i musicisti e il direttore creano musica. Questo processo di interazione (…) è essenzialmente non verbale, coinvolge la comunicazione attraverso il linguaggio del corpo, percezioni sensuali e l’arte del suonare.”[50] “Gadamer argomenta che chiunque ascolti è fondamentalmente aperto. Senza questa sorta di apertura verso l’altro non ci può essere una genuina relazione umana. Star bene insieme dignifica sempre essere capaci di ascoltare l’altro.”[51] Questo tipo di leadership si nutre anche di “fattori estetici”, come “emozioni, intuizioni, simboli e percezioni di senso che hanno ugualmente importanza nel comportamento organizzativo quanto le attività cognitive”[52]. Anzi il Direttore “è realmente una professione ruvida, richiede un sacco di coraggio mentale. Quando affronti l’orchestra, puoi contare sul fatto che almeno 20 persone su 80 ti odieranno a morte (Musicista, Tampere)”.[53]

Ma “giustizia e leadership estetica si osservano senz’altro anche in altre organizzazioni: (…) i project manager di grandi centrali elettriche usano l’improvvisazione nel proprio lavoro o, come la chiamano improvvisazione ingegneristica. L’improvvisazione richiede molta esperienza e disciplina e non può essere agita dai principianti, neppure è qualcosa cui su può ricorrere quando tutto precipita. L’improvvisazione si può applicare entro certi limiti e ruoli. Nella costruzione di centrali elettriche, normalmente svolta come prevede la burocrazia industriale, spesso è necessaria l’improvvisazione quando accade un imprevisto.”[54] In sintesi, possiamo affermare che la leadership estetica si fonda su tre dimensioni: “(1) Attività relazionali, (2) Capacità di giudizio estetico, (3) Incarnazione. “I musicisti reagiscono con il proprio corpo ai movimenti del Direttore. Se questi movimenti sono confusi, mancherà emozione fra i gruppi di strumenti e la musica lo richiede sempre. Diventa difficile quindi suonare (Musicista, Tampere).”[55]

Tornando al tema dell’improvvisazione non si può non pensare che la “tensione crescente di improvvisare qualcosa ma di mantenere l’improvvisazione fresca sia l’essenza del Jazz”.[56] Weick propone quattro stadi di complessità nella frizione fra di immaginazione e concentrazione di un musicista: Interpretazione, Abbellimento, Variazione e Improvvisazione.

“Wynton Marsalis ha osservato che nel suonare, esattamente come in una conversazione, le persone sbagliate con cui parlare e con cui suonare sono quelle che quando tu stai parlando, stanno già pensando a ciò che ti stanno per dire, invece di ascoltare cosa gli stai dicendo. (…) Quindi l’improvvisazione Jazz riguarda la conversazione fra percorsi emergenti e certe cose come le caratteristiche formali della composizione sottostante, precedenti interpretazioni, la logica posseduta dai musicisti, la reattività dello strumento, gli altri musicisti e il pubblico. Le attività manageriali, che sono dominate da linguaggio e conversazione, spesso diventano sinonimo di improvvisazione.”[57]

Anche le conclusioni di Weick sembrano, quindici anni prima, giungere a conclusioni simili all’invenzione della leadership auditiva, contrapposta a quella visuale, realizzando analisi nel mondo della musica per poi trasporle al management in generale. La cosa non deve sorprenderci poiché, come affermato fin qui, il direttore d’orchestra può ricoprire più ruoli diversi, può essere assimilato ad un manager e, soprattutto, l’orchestra sinfonica è una particolare organizzazione complessa che nasce nel diciassettesimo secolo, evolve e si diffonde nel mondo e, come tale, può essere trasformata digitalmente (vedi sopra).

5. Cosa ci dice Tan Dun[58]

La prima affermazione del maestro riguarda il tema dell’unità di intenti dell’orchestra, sottolineando come “sinfonia sia qualcosa che unifica il canto. Di conseguenza, ritengo, cos’è un’orchestra sinfonica in realtà è rendersi conto che è la mission di connettere persone, integrare la tecnologia per collegare i contorni in modo nello specifico, questo è molto importante ed esserlo è una grande gioia.”

Una sintetica risposta che lega il concetto di trasformazione digitale alla parola sinfonia, vedendo quindi nel dinamismo della sua interpretazione la chiave di volta per trasformare. Riportando il pensiero al 2008 e all’intuizione della Youtube Symphony Orchestra: “Per me, in quel tempo (nel 2008, n.d.a.), era la prima volta di connettere persone differenti attraverso internet, da differenti zone orarie (del pianeta, n.d.a.), culture diverse e lingue differenti. Ho pensato che fosse molto interessante l’idea di una Internet symphony. Così, possiamo riconoscere che alla fine abbiamo raggiunto 25 milioni di persone ma soprattutto ho cercato qualcosa che cambiasse sostanzialmente, poiché la mia musica, la mia creazione, potesse essere condivisa maggiormente fra i giovani. E io amo essere giudicato da gente giovane e senz’altro amo sfidare i giovani, recentemente ho scritto la mia prima Metaverse Symphony: dall’Universo al Metaverso, così ecco un altro importante soggetto, poiché tutto riguarda l’intelligenza della nostra vita, l’intelligenza delle nostre connessioni e il nostro contatto con l’intero universo e l’animo che ci dice, come conduttore e compositore, perché dobbiamo comunicare e quale tipo di media è necessario per farlo.”[59]

Qui Tan Dun riassume i concetti di leadership estetica in pieno e ci fornisce una originale definizione di Metaverso, aggiungendo che “vedi la scienza e l’arte, ma sono eterni amanti.”[60]

Dopodiché “la tecnologia, attualmente, è una parte importante della storia della civilizzazione e delle arti specificatamente.” “La questione dell’armonia è molto interessante, potrebbe essere un significato veramente universale, molto spirituale, così come fisico. Se però mi si chiede di spiegare la differenza fra musica occidentale e orientale affermerei che la prima è, in una parola, cromatica Una sorta di armonia cromatica, di arte cromatica. Una parola, cromatica, che rappresenta molto il sistema e il processo musicale occidentale. L’oriente invece è organico, quindi immaginiamo che organico e cromatico si armonizzino in un’idea armonica che diventa interessante. Qualche volta tutto è armonico.”

Non si può non sorprendersi come in poche parole Tan Dun abbia riassunto tutta la bibliografia sopra riportata, oltre a citare la filosofia orientale quale punto di vista da cui osservare la musica, l’evoluzione tecnologica e la questione dell’armonia. Verrebbe da chiedersi, a questo punto, se il salto quantico della efficace integrazione fra armonia, performing arts e tecnologia, uso dei dati, etc., non possa avvenire se non attorno al baricentro dell’Oceano Pacifico, quindi fra l’estremo oriente e la California, e non fra le regioni che si affacciano sull’atlantico, come avvenuto negli ultimi due secoli.

 

6. Conclusione: Quale prospettiva per le orchestre sinfoniche

Date considerazioni fatte sopra possiamo concludere che l’orchestra sinfonica del mondo occidentale degli anni 2000 è formata da musicisti con livello culturale e tecnico ben più alto della media delle compagini che si sono affermate e ‘stabilizzate’ nel secondo dopoguerra (i percorsi di formazione sono diventati non solo tecnici ma con una più forte impronta culturale). Ciò ha già comportato una trasformazione profonda del rapporto tra direttore ed esecutori. Pertanto, come sopra affermato, il moderno Direttore oggi deve essere capace di ascoltare, un primus inter pares in grado di stimolare la creatività armonizzandola in una visione organica a cui vuole tendere.

 Detto questo, il modello dell’orchestra futura si dovrebbe configurare come quello di un organismo che trovi un equilibrio tra flessibilità e condizioni contrattuali che permettano a professori, consapevoli e responsabili, di avere elasticità nell’affrontare generi musicali diversi, rapidità nelle decisioni partecipate col management e apertura verso soluzioni che portino adottare modalità di comunicazione e promozione sfruttando tutte le possibilità del digitale: dall’ampliamento del pubblico (prove aperte in streaming, pillole di lezioni-concerto dal vivo dove il pubblico possa intervenire dal vivo, interazione con compositori nell’analisi di nuovi brani prima dell’inizio delle prove vere e proprie) alla possibilità di sperimentare diversi ‘prodotti’ da commercializzare (dai master per giovani musicisti o performances inserite in manifestazioni multimediali e multidisciplinari, allo sfruttamento degli archivi, alla creazioni di formazioni di eccellenza internazionali che possano lavorare con sempre maggiore precisione digitale ed efficacia anche incontrandosi da remoto).

Insomma, una Digital Transformation che parta dalla comprensione e dal supporto ai   modelli organizzativi, professionali, culturali, artistici può avere un ruolo importantissimo per lo sviluppo delle orchestre sinfoniche moderne.     

 

Pubblicato su Studi Organizzativi, rivista italiana di scienze dell’organizzazione e management, Milano, Maggio 2023

[1] © Francesco Raphael Frieri e Aldo Sisillo

[2] Direttore Generale Risorse Europa Innovazione Istituzioni (DGREII ).Regione Emilia-Romagna.

[3] Direttore d’Orchestra e Direttore Teatro Pavarotti-Freni di Modena

[4] https://it.wikipedia.org/wiki/YouTube

[5] Si nota un riferimento ad un tema della Sinfonia numero 3 di Beethoven chiamata “Eroica”

[6] https://www.forbes.com/sites/petersuciu/2021/04/07/youtube-remains-the-most-dominant-social-media-platform/?sh=3bf57dbf6322

[7] Emine Serdaroglu, Exploring the Use of Youtube by Symphonic Orchestras as An Educational Platform During the Pandemic of Covid-19, European Journal of Social Science, Education and Research, September – December 2020 Volume 7, Issue 3

[8] Niland, A. (2009). The power of musical play: The value of play-based, child-centered curriculum in early childhood music education. General Music Today, 23(1), 17–21.

[9] https://www.digitalconcerthall.com/en?utm_medium=paid_ad&utm_campaign=it_gsa_t2_brand&c=true&gclid=CjwKCAjw9J2iBhBPEiwAErwpeUtDNkoNiBexGmYBsP3rtJIQM9dhW2m5GY5wCA-JUYtQ1OE__0tChhoCiaMQAvD_BwE

[10] Uhl, Schmid, Zimmermann, From the concert hall to the webb, how the Berliner Philharmoniker Transformed Their Business Model, Case Study, 360° - The Business Transformation Journal 2013

[11] Bianca Tiplea Temes cit.

[12] Crowdsourcing è l’"esternalizzazione di una parte delle proprie attività" nel quale un'azienda o un'istituzione affida la progettazione, la realizzazione o lo sviluppo di un progetto, oggetto o idea a un insieme indefinito di persone non organizzate precedentemente. Questo processo viene favorito dagli strumenti che mette a disposizione il web.

[13] Un mash-up è una composizione realizzata unendo fra loro due o più brani preregistrati, spesso sovrapponendo la parte vocale di una traccia a quella strumentale di un'altra

[14] Ibid.

[15] Direttore, all’epoca, della San Francisco Symphony Orchestra, noto per diverse trasmissioni televisive di divulgazione

[16] Westerman et al. (2011) Westerman et al. (2014) Karagiannaki et al. (2017)

[17] Morkanyane et al. (2017)

[18] Gregory Vial, Understanding Digital Transformation: A review and a research agenda, Journal of Strategic Information System, n. 28, 2019

[19] Vedi Henry Mintzberg, Structure in Fives, Designing Effective Organizations, Englewood Cliffs, Prentice-Hall, 1996

[20] https://en.wikipedia.org/wiki/Moore%27s_law

http://www.tmcnet.com/articles/comsol/0100/0100pubout.htm

https://www.scientificamerican.com/article/kryders-law/

[21] Vedi Pine e Gilmore, Economia delle Esperienze, oltre il servizio, Rizzoli, 2000

[22] Vedi Neoistitutional Theory

[23] Per un’analisi critica del fenomeno della DT, si vedano i primi due capitoli di Bacci, Frieri, Sparaco, Trasformazione Digitale e Smart Working nella Pubblica Amministrazione, Maggioli 2021

[24] Turkovic, Milan (1998). Senza Sordino – Was Musiker tagsüber tun. What musicians do during the day. Kreamayr&Scgeriau. P. 18. Vienna 1998

[25] Bibu, Brancu e Teohari, manging a Symphony Orchestra in Times of Change: Behind the Curtains, Procedia – Social and Behavioral Sciences 238 (2018)

[26] Ibid.

[27] https://www.gramophone.co.uk/features/article/the-world-s-greatest-orchestras

[28] Ibid.

[29] Bianca Ţiplea-Temeş, Interne symphony No. 1: Rethinking the Orchestra as a Virtual Community, Studia UBB Musica, LIX, 1, 2014 (p. 227 – 240)

[30] https://fr.wikipedia.org/wiki/Jean-Baptiste_Lully

[31] https://en.wikipedia.org/wiki/Tár

[32] https://it.wikipedia.org/wiki/Arcangelo_Corelli

[33] Bianca Ţiplea-Temeş cit.

[34] Ibid.

[35] Henry Mitzberg, Covert Leadership: notes on managing professionals. Knowledge Workers respond to inspiration, not supervision. HBR november-december 1998.

[36] Ibid.

[37] Ibid.

[38] Ibid.

[39] Ibid.

[40] Paolo Gubitta, Chi ha paura dei lavori ibridi?, in Studi Organizzativi, Franco Angeli, settembre 2020, pag. 220

[41] https://conductordavidrobertson.com

[42] Daniel Kahneman Thinking Fast and Slow, Ferrar Strauss and Giroux, 2011

[43] https://podcasts.apple.com/it/podcast/mondavi-center-lectures/id399686316?i=1000411436756

[44] Nina Koivunen, Auditive Leadership Culture. Lessons from Symphony Orchestras, The social construction of organization, Liber & Copenhagen Business School Press, pp. 91 – 111. January 2006

[45] Peter F. Drucker, Drucker on Management: There’s more than one kind of team. Wall Street Journal, 18 novembre 2009.

[46] Nina Koivunen, cit.

[47] Ibid.

[48] Ibid.

[49] Ibid.

[50] Ibid.

[51] Corradi Fiumara, G., The other side of language. A philosophy of listening. Londra, Routledge, 1990, citato da Nina Koivunen

[52] Niina Koivunen, Grete Wennes, Show us the sound!, Aestetic leadership of symphony orchestra conductors. In Leadership, February 2011.

[53] Ibid.

[54] Ibid.

[55] Ibid.

[56] Karl. E. Weick, Improvisation as a mindset for organizational analysis, Organization Science, Informs, 1998

[57] Weick, cit.

[58] https://www.youtube.com/watch?v=H0MqT7HNrZM

[59] Nostra intervista a Tan Dun, cit.

[60] Ibid.

 
 
 

Inaugurazione Anno Giudiziario 2019, Corte D’Appello di Bologna

 

Visione integrata e interoperabilità al servizio delle persone. Da ER4JUSTICE alla trasformazione digitale per il Tribunale delle persone, della famiglia e dei minori

Francesco Raphael Frieri

Direttore Generale alle Risorse, Europa, Innovazione e Istituzioni

Regione Emilia-Romagna

Daniela Piana

Coordinatrice scientifica ER4Justice, Professoressa ordinaria di Scienza Politica

Alma Mater Studiorum, Università di Bologna

23 febbraio 2023

https://www.crui.it/archivio-notizie/connettere-giustizia-e-cittadini.html

Il decreto legislativo 149, del 18 ottobre 2022, in attuazione della legge n. 206 che aveva conferito delega in materia di efficienza del processo civile, di revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie e delle misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie, nonché in materia di esecuzione forzata, apre uno scenario nuovo nell’ambito della giustizia italiana sul quale siamo chiamati a riflettere e per il quale le istituzioni sono chiamate ad operare. Riflessione e operatività vanno intese in senso proprio come due momenti di un percorso attuativo che avrà bisogno, per potere inverare lo spirito del legislatore ma soprattutto per rispondere a quello che in letteratura si chiama “bisogno di diritto”, di mantenere centrata sulla prospettiva della persona e quindi della domanda la organizzazione dei servizi, la progettazione delle forme di accesso a questi e l’inserimento di una nuova entità funzionale e ordinamentale all’interno di un universo che si qualifica per complessità e per tensione evolutiva di lunga durata.

Vediamo innanzitutto quali sono le previsioni normative. Accogliendo quanto già previsto in legge delega il decreto legislativo modifica l’art. 49 del regio decreto delle Guarantigie, introducendo presso ogni corte di appello o presso ogni sezione distaccata di corte di appello il tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie,  il quale si articolerà in una sezione distrettuale e nelle sezioni circondariali, tante quanti sono i tribunali ordinari del distretto ovvero i tribunali e le sezioni distaccate di livello circondariale. Se visto dalla prospettiva della società si tratta di un ambito complesso, articolato, e di altissima sensibilità rispetto ai profili di carattere fattuale che attengono alla cultura diffusa, alla forma del vivere – famiglia, reti, associazionismo, welfare – e alle modalità della crescita e della risposta ai bisogni della terza età, così come a tutte quelle politiche che assicurano un pronto aggiornamento del sistema del settore pubblico dinnanzi all’evolvere dei bisogni e delle mobilità dei cittadini:

 

 

Art. 50.1  [1]

Funzioni e attribuzioni  del  tribunale  per  le persone, per i minorenni e per le famiglie.

Il tribunale  per  le persone, per  i  minorenni  e  per  le  famiglie,  nell'ambito  delle competenze ad esso attribuite dalla legge: a) esercita la giurisdizione in primo e in secondo grado,  in materia civile nei procedimenti aventi  ad  oggetto  lo  stato  e  la capacità delle persone, la famiglia, l'unione civile, le convivenze, i minori; b) esercita la giurisdizione in primo grado in materia penale e nella materia della sorveglianza; c) esercita le funzioni di giudice tutelare; d) esercita nei modi stabiliti dalla legge le altre  funzioni ad esso deferite.

Dal punto di vista del diritto sostanziale la normativa interviene su una serie di istituti che toccano direttamente la vita di relazione e che sino ad ora sono stati materia di competenza di diverse istanze poste all’interno dell’ampio “mondo della giustizia” e della giurisdizione, ancorché non soltanto della giurisdizione. La tabella 1 ne richiama i principali tratti, nelle categorie giuridiche, così come puntualizzati nella norma primaria rinovellata dal legislatore.

 

Dal punto di vista sostanziale il riparto delle materie che saranno di competenza del nuovo Tribunale appare immediatamente di altissima salienza sociale. la tabella 1 ne ripropone una visione sinottica per quanto attiene al primo grado e mostra – colonna 3 – quali siano gli immediati effetti di interdipendenza con le policies che le istituzioni e gli enti sul territorio dispiegano per cittadini, famiglie, imprese, generazioni interessate da bisogni di crescita o di prevenzione di malattie, ovvero da policies orientate a garantire la qualità della vita e lo sviluppo della persona lifelong.

 

Tab. 1. Ambito di attuazione ed impatto del Tribunale delle persone, dei minorenni e della famiglia primo grado

—— 

Riferimento normativo

Aspetti socio-giuridici

Policies interessate

Artt. 84, 90, 250 comma 5 e 251 del codice civile

Esercizio di libertà civili in relazione all’istituto del matrimonio e con riferimento ai vincoli di età; assistenza del minore; riconoscimento dei minori

Profili di politiche per l’età adolescente e giovanile, politiche di integrazione culturale e/o nelle scuole di grado secondario; politiche per la famiglia, per le unioni civili, imprenditorialità e produttività nel e sul territorio, qualificazione professionale.

Art. 317-bis secondo comma codice civile

Relazioni inter-generazionali

Politiche per la terza età, politiche di valorizzazione competenze di seniority, sostegno alla salute e al benessere nella terza età, politiche urbanistiche.

Artt. 330, 332, 333, 334, 335, 371 secondo comma codice civile

Esercizio della e diritti connesso con la responsabilità genitoriale

Razionalizzazione, qualificazione e monitoraggio del percorso di crescita, formazione, integrazione, acquisizione delle capacità di cittadinanza attiva delle generazioni giovani

Art. 403 codice civile

Intervento dell’autorità in tutela del minorenne

Titolo I e I bis della legge 4 maggio 1983 n. 184

Disciplina delle adozioni

Politiche di inter-operabilità delle banche dati e dei flussi documentali attinenti alla persona a partire dallo stato anagrafico, compresi i profili relativi al diritto transnazionale ed  internazionale.

Art. 31 del decreto legislativo 25 luglio 1998 n. 286

Disciplina sullo status dello straniero

Procedimenti civili riguardanti lo stato e la capacità delle persone, la famiglia, l’unione civile, le convivenze e i minori

 

Provvedimenti di competenza del giudice tutelare  

Tenuto conto della natura indiscutibilmente integrata dell’ambito su cui il nuovo tribunale andrà ad operare, vale la pena porsi la questione che già le parole di Paolo Calvano in incipit a questo volume hanno sottolineato. Il tema della accessibilità, non solo come “entrata” al primo momento o fase di identificazione del servizio che corrisponde alla domanda della persona ma anche in senso funzionale di effettiva fruizione dei benefici che quel servizio è in grado di erogare in termini di tutela di diritti soggettivi o/e comprensione dello status nel quale si trova la persona – benefici che sono di natura cognitiva, informativa, e dunque strettamente connessi con l’esercizio dei diritti di cittadinanza o dei diritti civili fondativi dello Stato di diritto – resta il tema cardine dell’impianto delle policies che tale innovazione normativa sembra richiedere.

La valorizzazione del momento di accesso alla giustizia appartiene intrinsecamente ed in modo fondativo alla tradizione del costituzionalismo e della democrazia. È perché quell’accesso deve essere garantito nella sua forma di imparzialità e di uguaglianza che le garanzie di indipendenza e di terzietà sono state prima pensate poi realizzate nei diversi ordinamenti statuali affinché sia in principio sancito e in prassi garantito l’accesso ad una istanza terza nella soluzione delle controversie. L’articolo 5 della CEDU fissa questo principio per l’ordinamento euro-comune, cristallizzando un insieme di tradizioni giuridiche e culturali che, seppur diverse nelle forme organizzative date alle garanzie, convergono rispetto alla primazia della norma del diritto e del suo utilizzo impersonale per dirimere i conflitti che insorgono nella società.

A partire dal 1997 e poi con maggiore enfasi in concomitanza dell’impegno preso in sede ONU sulla agenza 2030 le organizzazioni internazionali, sia di natura inter-governativa (come l’OCSE) sia di natura non governativa – come le think tank e i programmi transnazionali di monitoraggio indipendente, come il World Justice Project – hanno avviato un articolato ed incrementale processo di moral suasion e di apprendimento orizzontale (lesson drawing) per fare sì che gli Stati fossero messi nelle condizioni da un lato di pensare ai loro sistemi di giustizia attraverso le “griglie” concettuali dell’accesso e delle aggettivazioni di cui sopra e dall’altro di apprendere gli uni dagli altri ovvero di verificare se vi siano soluzioni che possano essere imitate, trasferite, o considerate come benchmark. Ad oggi disponiamo di dati sulle dimensioni che sono indicate nella tabella 2.

 

Tab. 2. Dimensioni osservate per valutare l’accesso alla giustizia

——— 

La tabella 2 riporta gli aspetti per cui sappiamo di avere dati – anche per l’Italia – e soprattutto di avere strumenti metodologicamente solidi di rilevazione dei dati e di valutazione delle variazioni nel tempo dello stato dell’arte di quelle dimensioni. Per esempio, possiamo rispondere alla domanda: “in quale percentuale le persone affrontano problemi durante la loro interazione con la giurisdizione?”. Possiamo anche approfondire ulteriormente, perché i dati ci dicono anche che tipo di problemi. Incrociando questo dato con la composizione socio-demografica della popolazione di un paese siamo in grado di individuare le associazioni di problemi per tipologie di cittadini, costruite sulla base di variabili di carattere socioeconomico.

Il potenziale di ragionamento è ampio. Rispetto a questo schema l’Italia si contraddistingue per alcune criticità ricorrenti.

 

Tab. 3. Criticità affrontate dai cittadini nella esperienza della interazione con la giustizia

 ——

Le policies e le strategie della Regione Emilia-Romagna

Le tecnologie che mettono a valore i dati, che permettono servizi più flessibili e una relazione più dinamica tra le diverse Pubbliche Amministrazioni e tra le PA e i suoi utenti, debbono essere messe a valore anche nella organizzazione del lavoro delle amministrazioni pubbliche, nella Regione Emilia-Romagna come nella CN-ER tutta.

Diventerà decisivo nel prossimo triennio, attraverso la definizione delle Linee Guida per la trasformazione digitale (DT), intesa come un processo profondo che mira a combinare aspetti di change mangement con fattori relativi a dati, competenze, tecnologie informatiche e strumenti di comunicazione. Ciò al fine di potenziare il percorso in atto per modificare in modo sostanziale i processi amministrativi, i modelli di lavoro, la cultura organizzativa e la stessa natura di molti servizi che transiteranno ad una modalità totalmente digitale, con obiettivo primario la loro semplificazione. Incrementare e rafforzare l’attenzione allo smart working, un’intuizione che si è rivelata strategica durante la pandemia.

Coerentemente con il percorso di definizione della Data Strategy regionale, si procederà quindi con la definizione di una governance per l’utilizzo dei dati, che sia funzionale alla integrazione dei dati e condivisione di banche dati comuni (facendosi anche promotori nei confronti del governo centrale per la disponibilità dei dati delle banche dati di interesse nazionale), al miglioramento dei servizi erogati dalle PA ed efficientamento delle procedure interne. I temi di cyber security, dell’etica degli algoritmi e della tutela della privacy richiamano la dimensione della centralità del dato e la dimensione dell’operare digitale. La trasformazione deve avvenire in tutta la Pubblica Amministrazione del territorio, per questo la Regione promuove e sostiene il processo di razionalizzazione e di rafforzamento degli Enti Locali del territorio con centralità alla DT anche delle Unioni di Comuni.

Si procederà all’incremento e consolidamento di azioni finalizzate alla conservazione digitale per il progressivo superamento degli archivi cartacei della Pubblica Amministrazione. La Regione Emilia-Romagna ha cominciato da tempo a sperimentare l’efficacia della partecipazione digitale per il coinvolgimento di cittadini e stakeholder nel processo decisionale pubblico; occorrono nuovi strumenti, piattaforme abilitanti che consentano un dialogo aperto ma sicuro e onesto tra Pubblica Amministrazione e cittadini, che alimentino discussioni basate su dati concreti, verificati e aperti (accountability e trasparenza) che si focalizzino progressivamente sugli ambiti di maggiore interesse per i cittadini (sicurezza del territorio, mobilità, trasporti, ecc…).

PRIME AZIONI

  • Costruzione del catalogo regionale (Data Catalog) dei dataset e di una governance per l’uso dei dati in coerenza con la Data Strategy regionale (circa 2 mila data set, di cui una decina con ordini di grandezza superiori al megabyte);

  • Definizione di linee guida di livello regionale per la gestione dei dati (interoperabilità, integrazioni, utilizzo di standard, ecc.) nell’ambito dei bandi di gara;

  • DT della gestione documentale (anche attraverso applicazione di “intelligenza aumentata”) per produrre suggerimenti automatici utili per la classificazione e l’instradamento della documentazione in entrata;

  • Realizzazione di un sistema automatico di risposta ai quesiti dei cittadini (Chatbot URP), una piattaforma per standardizzare, classificare, semplificare i servizi di risposta a cittadini e utenti interni, omogeneizzando la relazione con gli utenti e riducendo in modo significativo il ricorso a e-mail e telefono;

  • Definizione del Patto per la semplificazione e individuazione dei primi ambiti (16 procedure) oggetto di DT, nonché realizzazione di una piattaforma pubblica di monitoraggio dei tempi di autorizzazione da parte della PA locale;

  • Avviare azioni di sensibilizzazione e formazione alla cultura digitale, indirizzate al personale della Pubblica Amministrazione favorendo l’adesione al sistema delle Comunità Tematiche della CN-ER e la raccolta, scambio e riutilizzo delle esperienze e delle competenze già presenti nelle PA;

  • Definire in modo condiviso le funzione e il ruolo di una figura di “Data Manager” (figura che ha come compito primario la disponibilità dei dati e la promozione dell’accesso equo ai dati) all’interno delle amministrazioni pubbliche dell’Emilia- Romagna favorendo l’adesione al sistema delle Comunità Tematiche della CNER e la raccolta, scambio e riutilizzo delle esperienze e delle competenze già presenti nelle PA;

  • Azione di supporto per l’innovazione organizzativa e tecnologica degli uffici giudiziari del territorio regionale;

  • Realizzazione di un portale open data, rivolto ai cittadini, per diffondere tutte le informazioni aggiornate sulla realizzazione delle opere di sicurezza territoriale e protezione civile finanziate nel corso del mandato e del relativo stato di avanzamento, comune per comune e provincia per provincia;

  • Acquisto di una macchina HPC quale primo strumento in mano ad una pubblica amministrazione territoriale al momento (500 TB di potenza di calcolo), chiamata “Margherita HPC”, messa a disposizione dell’intera PA territoriale, Giustizia compresa, dal costo di 3,5 milioni di euro (FSC programmazione 14/20);

Rispetto a questa visione e a questo impianto di linee di azione che toccano sia i profili della digitalizzazione in senso tecnico e strutturale, sia gli aspetti di costruzione di una cultura del servizio nelle e fra le istanze della PA, sia ancora in una ottica di crescita della cultura della direzione e della dirigenza che abbia una bussola fortemente centrata sulla persona ER4JUSTICE appare immediatamente come un ponte capace di offrire non solo esperienze di buone prassi testate e create insieme con gli UUGG in materia di digitalizzazione e di inter-operabilità, ma anche di metodi per costruire il prosieguo, in particolare quando il nuovo Tribunale si troverà ad essere oggetto di design e di attuazione. Un ambiente di test – sandbox – così come la normativa europea tende a definire le forme di piloting di applicazione della tecnologia e dell’intelligenza artificiale, in vista di un esercizio di participative assessment che la Regione ER sarebbe in grado di avviare facendo leva conoscitiva e esperienziale su quanto ER 4 JUSTICE ha mostrato possibile ed effettivo.

Ora la sfida futura consiste nel proporre un processo profondo di trasformazione digitale (DT), intesa come una combinazione di comunicazione, tecnologie informatiche, dati e competenze, al sistema giudiziario territoriale, ove la Regione si ponga quale servizio a supporto verso una funzione costituzionalmente propria dello Stato Nazionale, ma contemporaneamente in un approccio olistico di esperienza e astrazioni nei processi di DT tipica delle organizzazioni burocratiche contemporanee.


[1] Non rientrano nella competenza del tribunale per le persone, per  i minorenni e per le famiglie  i  procedimenti  aventi  ad  oggetto  la cittadinanza, l'immigrazione e  il  riconoscimento  della  protezione internazionale (art. 50.1).

 

 
 
 
 

Trasformazioni

Da Airbnb alla Moskva Anche la guerra è stata cambiata dal digitale

Alessandro Bogliolo e Francesco Raphael Frieri

Professore di informatica Università di Urbino, DG Regione Emilia-Romagna

Articolo pubblicato sul quotidiano “Il Domani”, il 27 aprile 2022

 

La nave da guerra più grande mai affondata dal 1983, ai tempi della guerra delle isole Falkland, è l’incrociatore Moskva. Si guarda bene la Nato dal dire come sia successo che un missile in dotazione a quel che resta dell’esercito regolare ucraino abbia colpito un simile incrociatore esattamente dov’era. Eppure, stando al Guardian, l’incrociatore è stato diverse volte individuato dai satelliti negli ultimi giorni. Così come sappiano dalle maggiori testate americane e da reporter italiani dal campo di battaglia che la geolocalizzazione di foto scattate da cellulari e raccolte da bot Telegram ha permesso di rendere sorprendentemente efficace l’intervento degli Ucraini verso i carri armati russi. Contemporaneamente, gli hashtag utilizzati sui maggiori social network hanno consentito alla resistenza ucraina di individuare immediatamente leinformazioni utili. Fin dalle prime fasi della guerra, i cellulari in mano ai civili sono diventati oggetto dei rastrellamenti russi. L’evoluzione tecnologica avanza senza sosta e produce in ogni settore un impatto che riserva continue sorprese anche ai più attenti osservatori. Ma quello a cui stiamo assistendo è un fenomeno nuovo e inatteso, manifestazione della formidabile accelerazione che le due emergenze mondiali in atto hanno prodotto non tanto sul fronte dell’innovazionetecnologica, quanto sull’adozione di tecnologie esistenti e sul loro sfruttamento globale, collettivo e consapevole. È di questa natura la trasformazione digitale, accelerata dalla pandemia, che ha cambiato in modo irreversibile i paradigmi stessi della guerra e della solidarietà.

Il caso Airbnb

Uno dei primi segnali del cambiamento è stato il caso di Airbnb, la piattaforma per lo scambio di posti letto tra privati, che, pur essendo stata duramente colpita dalla riduzione di entrate durante i lockdown del mondo intero, ondata perondata, è riuscita a trovare rifugio a 300 mila ucraini a ridosso del paese martoriato e a trasferire 19 milioni di dollari datutto il mondo occidentale verso hosts ucraini di cui erano sconosciuti i destini. Numerosi anonimi donatori dal nord America e dal centro Europa mentre il conflitto avanzava, hanno cominciato a prenotare spontaneamente camere e appartamenti di privati in Ucraina, allegando messaggi di solidarietà e allacciando relazioni personali con profughi appena diventati tali. In atri termini si è verificato un fenomeno secondo cui una piattaforma capace di stravolgere i connotati della tradizionale economia turistica, dopo una pandemia che ha spinto le competenze digitali dei nonni al paridi quelle dei nipoti, è diventata una piattaforma di crowd-sourcing per localizzare abitanti in Ucraina e trasferirvi denarocol pretesto di rispondere a un annuncio turistico.

Un ruolo nuovo

Non si tratta della normale intermediazione di donazioni che tutte le piattaforme hanno proposto, a partire da Meta, che qualche settimana prima aveva visto dimezzare le proprie quotazioni a causa di un sibillino annuncio di Apple chedichiarava di non consentire un facile tracciamento di tutte le attività dei suoi ignari utenti. Piuttosto stiamo assistendo alla customizzazione, grazie ai dati, delle azioni di guerra e di quelle umanitarie, ove si disintermediano le grandi epiccole organizzazioni umanitarie e, in alcuni casi, esse stesse beneficiano della velocità con cui possono localizzare profughi, ricevere e trasferire denaro o lanciare appelli.

Se non ci fosse stata questa guerra e avessimo pianificato correttamente uno scenario di emergenza umanitaria, avremmo dovuto usare diverse applicazioni su larga scala: una capace di trasferire denaro, come PayPal o Money Transfer, una seconda capace di geolocalizzare foto e informazioni, Mappe o Google Maps, una terza per mandare messaggi di motivazione o incoraggiamento a giustificazione del valore trasferito. Invece no: l’emergenza della guerra porta a distorcere istantaneamente e in modo massivo piattaforme che già esistevano per fare tutte e tre le cose insieme e, quando accade riguardo alle funzioni di combattimento, spiazzando l’esercito regolare russo (forse anche i mercenari aesso collegati) che invece procede sul terreno con una logica novecentesca, ossia analogica. Qui bisogna aggiungerel’uso che il governo ucraino ha fatto dell’app sviluppata per il Covid.

In Guerra e Pace, Tolstoj mette in scena i diversi punti di vista della guerra dal punto di vista etico, ma anche organizzativo: era stato un soldato nella guerra di Crimea e coglieva il peso dei parametri organizzativi sugli esiti dellebattaglie, così come sapeva leggere l’umore profondo dei soldati lontani da casa e la motivazione con cui reagivano agliordini dei quartier generali. Chissà se concorderebbe con noi oggi, nel cogliere il nesso fra tecnologia e solidarietà umana, fra dati e humus religioso, dopo l’accelerazione impressa da una inaudita pandemia globale.

 
 
 
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Così il PNRR dimentica i punti deboli della PA diffusa

Alessandro Bacci e Francesco R. Frieri

Sta arrivando il Next Generation Europe, che si traduce in Italia nel Pnrr, ossia in 191 miliardi di fondi europei, di cui il 40% in sovvenzioni e il restante 60% in prestiti. Perché il Pnrr non si traduca in una mostruosa crescita del debito sovrano, con la conseguenza di incentivare le nuove generazioni alla diaspora, serve che le Pa abbiano la capacità di attuare un piano cinque volte maggiore dell’intera programmazione di un normale settennato europeo, e che vadano al doppio della velocità. La sfida dipende dalle competenze e dalla macrostruttura delle organizzazioni.

Sul primo punto interviene l'articolo 1, comma 1 del Dl 80/2021, ove si deroga ai limiti assunzionali previsti per il lavoro flessibile dal 2010 (Dl 78, articolo 9 comma 28) purché si verifichi motivazione e congruità dei piani economici dei progetti da parte delle amministrazioni (centrali) titolari delle misure attuative, individuate dall’articolo 8 del Dl 77/2021, e dalla Rgs. Questo è un punto centrale: la motivazione che consentirà ai piani dei fabbisogni di personale superare i tradizionali vincoli varrà solo per le amministrazioni «titolari di interventi» del Pnrr, mentre quelle «impegnate nell’attuazione del Piano (...) possono derogare, fino a raddoppiarle, le percentuali di cui all’articolo 19, commi 5 -bis e 6, del Dlgs 165/2001, ai fini della copertura delle posizioni dirigenziali vacanti relative a compiti strettamente e direttamente funzionali all’attuazione degli interventi del Piano» (articolo 1, comma 15 del Dl 80).

Ora, mettiamoci nei panni di una famiglia che vive in montagna, che si aspetta si realizzi al più presto una scuola nuova, ecologica, connessa, polifunzionale, bella. Il Pnrr esiste per convincere quella famiglia a restare e a investire lì, ma perché la scuola si realizzi senza appesantire per gli anni successivi la spesa pubblica, occorre che l’ultimo pagamento avvenga entro il 2026. Ne consegue che l’ultimo Sal va concluso verso la metà del 2026, e quindi il primo entro la metà del 2024. Risalendo a gambero nel processo, occorre che l’affidamento dei lavori sia avvenuto per il 2023, e quindi che il progetto esecutivo che prelude alla pubblicazione della gara sia approvato almeno per settembre del 2022. Tutto ciò se siamo fortunati e non ci sono varianti significative o ricorsi al Tar.

Ma perché il progetto esecutivo sia approvato, occorre sapere che tipo di scuola vogliamo e trovare una competenza interna o esterna all’amministrazione in grado di progettarla. Se i soggetti attuatori fossero enti locali, però, l’articolo 52 del Dl 77/2021 prevede che le stazioni appaltanti siano solo Comuni capoluogo, Città metropolitane, Unioni di Comuni e Province. Ma questi ultimi due tipi di ente vivono in una disciplina del turnover che a mala pena permette loro l’esercizio delle funzioni minime di sussistenza, dunque servirebbe un chiarimento del legislatore teso a rafforzarne l’autonomia organizzativa.

Non solo: è verosimile che le amministrazioni che dovranno partecipare ai bandi avranno bisogno di esperti e di competenze manageriali (commi 7 e 15) anche nella fase di candidatura e di supporto alla politica territoriale perché maturi la volontà. A questo fine occorrerebbe prevedere le flessibilità del comma 15 anche da subito in fase di progettazione, così come per progressioni verticali e riserve interne. Ciò favorirebbe la motivazione del cuore delle amministrazioni a giocare la difficile partita, favorendo la collaborazione interna e fra amministrazioni.

Infine: le Regioni sono trattate tutte alla stessa maniera, a prescindere dalle dimensioni e dalle performace nella capacità di spesa, quando invece potrebbero essere tutte un hub di raccordo e rendicontazione, e alcune potenti strumenti attuatori.

 

Dal Sole 24 Ore del 14 giugno 2021

 
 
 
Smart working ossia lavoro ubiquo, collaborativo e per obiettivi

Smart working ossia lavoro ubiquo, collaborativo e per obiettivi

 

Smartworking nella Pa: l’organizzazione viene prima della dotazione tecnologica

In tanti fanno menzione dello smart working confondendolo con il lavoro da casa o home working, quanto invece più propriamente è assimilabile a un lavoro ubiquo o work from anywhere, organizzato per obiettivi e non controllando lo scambio fra ore in presenza e salario. Lo smart working, al centro anche del Patto firmato la scorsa settimana dal premier Draghi e dal ministro della Pa Brunetta con i sindacati, è una delle punte dell’iceberg chiamato «trasformazione digitale»: un processo profondo di revisione dell’organizzazione che interessa persone, macrostruttura, comunicazione e, solo in ultimo, tecnologia, aumentando il valore aggiunto per il cliente esterno. Dunque, intendendo per smart working il working from anywhere, non ha senso digitalizzare le cose inutili come il badge, piuttosto occorre improntare una programmazione a breve termine integrata nell’architettura cloud che consenta di accedere in sicurezza a tutti i gestionali necessari al dipendente.

La storia dell’home working e del working from anywhere ha origine nel 1973 quando lo shock petrolifero costrinse alcune corporation a ripensare il pendolarismo. Recentissime ricerche nord americane (Choudhury HBR 2020) hanno messo in luce come l’introduzione consapevole del working from anywhere abbia incrementato la produttività anche in tempi di pandemia, traducendosi in ulteriori incrementi nelle fasi successive al lockdown. Ciò grazie alla maggiore autonomia dei dipendenti, al maggior benessere organizzativo dovuto sia alla migliore collaborazione sia alla conciliazione dei tempi di vita. A conclusioni simili giunge uno studio di Banca di Italia svolto per il solo settore privato, ove si correla la capacità di cogliere l’occasione della trasformazione digitale direttamente alla retribuzione media, alla quota di donne impiegate, all’adozione di una tecnologia cloud; mentre risulta inversamente proporzionale all’età dei dirigenti. Un altro studio olandese del 2018 (De Vos e altri) ha concluso che grazie al telecommuting, quindi smart working o telelavoro che sia, a parità di salari e per tempi superiori alle otto ore settimanali, è possibile allargare la propria area di reclutamento del 25 per cento.

Ci aspettano meravigliosi anni di opportunità, oppure di enormi fallimenti dovuti alla sottovalutazione di fattori fondamentali: a cominciare dalla consapevolezza che la pancia dell’iceberg è costituita dai dati della propria organizzazione, dai modi di usare i Big Data, che richiedono ordini di grandezza impensabili per la Pa di oggi, grazie all’intelligenza artificiale e all’architettura cloud. Ma per comprendere la trasformazione digitale servono nuove competenze matematiche; una nuova leadership orizzontale fondata sulla programmazione collaborativa e una cultura che incoraggi la sobrietà e la sottile formalizzazione dei processi, una spinta al cambiamento basata sull’autonomia e sulla responsabilizzazione delle persone che lavorano nella Pa, motivate a orientarsi al cliente (famiglie e imprese) al di là dei processi burocratici. Una rivoluzione sobria che può consentire alla Pa, come in generale al settore dei servizi, maggiore produttività, riduzione dei costi di funzionamento, aumento del valore aggiunto del cliente e miglioramento dell’impatto ambientale.

L'accelerazione impressa dal Covid potrebbe essere l’occasione per realizzare smart city, dove sono smart le aziende pubbliche e private, dove la sharing economy è incoraggiata sia per il consumo di cibo sia per l’uso dei mezzi per spostarsi, sia alla condivisione di una scrivania che di una tecnologia in cloud.

Dal Sole 24 Ore del 15 marzo 2021, di Alessandro Bacci e Francesco Raphael Frieri

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Alla ripresa dopo l’emergenza e alla Quarta Rivoluzione Industriale occorre una Pubblica Amministrazione 4.0

Il caso del Patto per il Lavoro dell’Emilia-Romagna e della Pubblica Amministrazione che sta cambiando se stessa di Federico Butera, Patrizio Bianchi e Francesco Raphael Frieri

Una proposta per il cambiamento delle Pubbliche Amministrazioni basata su una esperienza di successo: il Patto per il Lavoro della Regione Emila Romagna

Pubblicato su Sviluppo & Organizzazione, Maggio 2020

https://irso.it/wp-content/uploads/2020/05/Per-una-pubblica-Amministrazione-4.0-_18-03.pdf

https://www.rivistedigitali.este.it/sfoglia-rivista?n=11

La Pubblica Amministrazione non può cambiare solo guardando a se stessa, sollevandosi da sola per i capelli come fece il Barone di Munchausen. Essa può cambiare se è parte di un programma per cambiare l’economia e la società del territorio in cui opera contribuendo a programmi di innovazione di lungo periodo. O se partecipa attivamente alla gestione di emergenze, come il terremoto del Centro. O come tragicamente avverrà con l’epidemia di Coronavirus che impegnerà severamente tutta la Pubblica Amministrazione e non solo il sistema sanitario e le forze dell’ordine , in una prima fase nell’emergenza e successivamente nel ridisegnare il sistema produttivo e sociale italiano.

Il questo articolo analizziamo il caso del cambiamento dell’organizzazione della Regione Emilia- Romagna che, nel contribuire al successo del Patto per il lavoro, ha cambiato se stessa.

La lezione che illustriamo in questo articolo è che è necessario andare oltre l’illusione di modificare la burocrazia pubblica solo con il diritto amministrativo, con l’informatica, con il public management: la governance partecipata, operando in rete con i soggetti dell’economia e della società, proposta fin dagli anni 90 nei paesi anglosassoni e adottata nel caso del Patto per il Lavoro, include tutto ciò e molto di più: una amministrazione che non è non palla al piede ma bensì è promotrice dello sviluppo.

Il Patto per il Lavoro dell’Emilia-Romagna è stato un caso di politica pubblica che ha attivato un percorso di collaborazione organizzata fra 50 soggetti pubblici e privati mirato ad innovare e ad aumentare il valore aggiunto della regione e a generare lavoro di qualità, ottenendo risultati tangibili, . Esso è stato costituito da un insieme di programmazione regionale, di politica industriale e della scienza, di politica del lavoro e di politica formativa, sostenute da una organizzazione collaborativa fra pubblico e privato per fare avvenire le cose. E’ un caso di collaborazione fra pubblico e privato orientato ad aumentare il valore aggiunto e valorizzare il lavoro, investendo massicciamente in science and technology. L’innesco e l’inedita coesione fra Amministrazione e corpi intermedi comincia propria come risposta al terremoto del 2016.

Gli elementi distintivi sono: una idea forte (aumentare con l’innovazione il valore aggiunto della regione e del lavoro dell’1,5% annuo); un obiettivo sintetico chiave (aumentare l’occupazione di almeno 100.000 unita annue e passare dall’11% al 5% di disoccupazione nell’arco del mandato); investimenti massicci in science and technology e principalmente in big data, attraendo su questa area ingenti risorse europee. Ciò è avvenuto davvero.

Uno fra i fattori di successo di questa esperienza è stato che l’Amministrazione ha messo per prima cosa in discussione se stessa avviando un processo di cambiamento organizzativo che la trasformasse da una burocrazia pubblica a una organizzazione proiettata ai risultati , da una struttura burocratica a un nodo di servizio e di animazione di reti pubbliche e private orientate all’innovazione, alla produttività e alla valorizzazione del lavoro.

Il Patto per il lavoro è stato per l’Amministrazione il driver principale per riconfigurarsi sulla base di obiettivi di trasformazione sociale di lungo periodo oltre che fornire servizi eccellenti alle persone e alle imprese.

Burocrazia, public management, governance partecipata

L'approccio della New Public Management (NPM) all'inizio degli anni ottanta proponeva di applicare al settore pubblico gli stili e le metodologie tipiche delle aziende private attribuendo ai dirigenti pubblici maggiore autonomia e responsabilità, sviluppando indicatori e procedure di controllo per la gestione delle prestazioni e promuovendo la concorrenza con il settore privato (Hood, 1991).

La trasformazione di "burocrati" in "dirigenti pubblici", tuttavia, nei paesi europei è stata lenta e disomogenea. Farnham (1996) addebita al diritto amministrativo il diverso ritmo di tale trasformazione: piuttosto efficace nel Regno Unito, in Finlandia e nei Paesi Bassi sulla base del common law, medio-basso successo in Francia, Belgio, molto basso in Italia, Germania e Spagna dove le organizzazioni pubbliche sono completamente governate dal diritto amministrativo.

L'idea di una governance without government (Rhodes 1997) era stata proposta in Europa come un approccio più ampio basato sull'idea di reti tra attori pubblici e privati che cooperano per raggiungere obiettivi comuni e sviluppare il capitale sociale. Kickert e Klijn (1997) avevano battezzato questo approccio participative governance, una alternativa al governo basato sul modello autoritario e centralistico di elaborazione delle politiche.

In tutti i paesi europei,i tentativi di cambiamento, riforma, riorganizzazione delle Pubbliche Amministrazioni hanno dovuto affrontare tre sfide principali. La prima sfida è stata quella di liberare l'Amministrazione dalla "burocrazia" ossia rendere le amministrazioni pubbliche più semplici, meno burocratiche e più amichevoli per i cittadini. La seconda sfida consisteva nel migliorare congiuntamente servizi, organizzazione, tecnologia e mobilitare l'energia dei dipendenti, andando da un'amministrazione occupata a regolare e autorizzare a un'amministrazione che fornisce, direttamente o esternalizzando, servizi ottimali ai cittadini con costi minimi e che contribusca allo sviluppo economico e sociale. La terza sfida consisteva nel costruire un'identità positiva, aumentare il prestigio, abolire la corruzione.

Le sfide sopra menzionate possono ovviamente beneficiare di nuovi comportamenti manageriali professionali ma richiedono soprattutto innovazione nelle politiche pubbliche e cambiamenti strutturali nella progettazione dei servizi, nell'organizzazione, nella tecnologia, nei posti di lavoro. In una parola ciò che viene definito come un sistema sociotecnico orientato all’innovazione delle prestazioni e all'ottimizzazione congiunta di efficienza, qualità del servizio, qualità della vita lavorativa (Trist 1993)

Tre modelli di cambiamento delle Pubbliche Amministrazioni

Nei sistemi occidentali prevalgono tre grandi modelli di cambiamento della Pubblica Amministrazione: il “modello ordinamentale” di cambiamento, il modello del “cambiamento osmotico” e il “modello processuale” governed process of change.

a) Il modello ordinamentale di cambiamento (il più antico e diffuso nei Paesi occidentali di cultura tedesca, francese e italiana) parte dall’assunto che il sistema cambia quando è varata una legge che ne modifichi l’assetto. Il modello “ordinamentale” si basa sull’idea della riforma: leggi, ordinamenti di servizio, regole, organizzazione istituzionale.

Con l’approccio giuridico-normativo i quattro veri “processi fondamentali” della Pubblica Amministrazione non sembrano tanto i servizi ma piuttosto la gestione del consenso attraverso l’annuncio di opzioni politiche e di valore, la gestione del personale del Pubblico impiego, la gestione immobiliare e il controllo di strutture di potere.

b) Il modello di cambiamento osmotico, che consiste nell’adattare continuamente al mutamento del contesto nuove modalità e contenuti di attività, sistemi di cooperazione, di conoscenze, di comunicazione interni ed esterni di una specifica comunità di lavoro. È il caso per esempio del continuo mutamento delle pratiche e delle metodologie didattiche nella scuola..

c) Il modello di gestione del cambiamento strutturale, governed process of change (di tradizione anglosassone) consiste in una serie di azioni che producono un cambiamento: esso consiste in programmi di “energizzazione” o di “mobilizzazione” che tentano di attivare processi di innovazione e cambiamento della Pubblica Amministrazione incoraggiando e proteggendo programmi e progetti di cambiamento concepiti e realizzati a livello di singole amministrazioni o di aree locali (Thoenig,1992; Maynz, 1982: March and Olsen, 1989). Esso ha ispirato alcune significative esperienze di “gestione strategica del cambiamento” effettuate all’estero (in particolare in UK, con il programma “Next Step”, e negli USA, con il Programma “National Partnership for Reinventing Government”, di cui parleremo avanti). Questo modello definisce un piano di medio-lungo periodo per promuovere un insieme di cambiamenti localizzati presso amministrazioni centrali e locali. Ma soprattutto prevede un piano di attuazione che fissi valori e obiettivi di miglioramento del servizio, che accompagni il cambiamento già in atto e quello che seguirà, che animi, valorizzi e canalizzi le energie disponibili, che si assicuri la partecipazione del personale. Che, in una parola, faccia avvenire effettivamente il cambiamento.

Il cambiamento della Pubblica Amministrazione italiana deve utilizzare tutti e tre questi modelli, ma non ha adottato il terzo, tranne che in alcuni casi.

Brevi cenni sulle esperienze internazionali

Il caso più famoso di governed process of change a livello di un intero paese è il programma, che finirà nel 1997 con il chiamarsi National Partnership for Reinventing Government del Vice-Presidente degli Stati Uniti Al Gore, nasce con il nome di National Performance Review (NPR). Lo scopo dichiarato nel 1993 da Al Gore era quello “di creare un’amministrazione che lavori meglio e costi meno e di recuperare fiducia del popolo americano nell’amministrazione”. Esso ebbe due grandi direttrici:

• un programma di analisi, miglioramento, riorganizzazione delle Agenzie Federali, coordinato principalmente dall’ Office of Personnel Management (OPM): un gran numero di progetti che vedevano una forte partecipazione della dirigenza delle amministrazioni, del personale e di una quota degli utenti.

• un programma di sviluppo dell’Electronic Government assicurato da due organi federali: il Governement Information Technology Service Board (GITS), che sviluppava strategie di diffusione delle tecnologie informatiche nella Amministrazione Federale, e l’Office of Management and Budget (OMB), che coordinava lo sviluppo di team interdipartimentali impegnate nell’impiego ottimale delle ITC nello sviluppo dei servizi elettronici.

I risultati di entrambi i programmi in quegli anni furono rimarchevoli: oltre 800 azioni effettivamente realizzate; 137 miliardi di dollari di riduzione dei costi conseguiti; 348.000 dipendenti riallocati in funzioni più produttive; 640.000 pagine di regolamenti interni e 16.000 pagine di norme federali aboliti. Il tutto con il più elevato livello di consenso fra Governo e Sindacati. E soprattutto uno spostamento di risorse economiche per l’informatica dalla difesa alla amministrazione, con l’effetto di vitalizzare l’industria ICT del Paese.

Il Patto per il lavoro dell’Emilia-Romagna: un percorso per progettare la Quarta Rivoluzione Industriale valorizzando il lavoro

Il nome stesso ci suggerisce i principali elementi .

Un Patto. Il Patto è stato qualcosa di diverso da un tavolo di concertazione o da una politica territoriale top down. 50 attori pubblici e privati del territorio (imprese, sindacati, pubbliche amministrazioni, scuole, università, associazioni di rappresentanza ecc.) si sono impegnati a focalizzare azioni nuove e in corso per raggiungere uno scopo comune concordato: accrescere il valore aggiunto dell'economia locale e, con esso, creare lavoro di qualità. Gli elementi che lo distinguono da altre iniziative di programmazione territoriale sono stati: una idea forte (aumentare il valore del lavoro e dei lavoratori); un obiettivo sintetico chiave (passare dall’11% al 5% di disoccupazione nell’arco del mandato); investimenti massicci in science and technology e principalmente in big data, attraendo su questa area ingenti risorse europee.

Tutto ciò è avvenuto davvero adottando un inedito metodo rigoroso di partecipative governance (governo socialmente partecipato) dato da una base di consenso su una visione strategica di lungo periodo.

Il Tecnopòlo di Bologna diviene così fra i due centri di big data più potenti d’Europa. Imprese come Ferrari, Lamborghini, Ducati, IMA, Dallara, Bonfiglioli, Philip Morris, HCP nella loro autonomia imprenditoriale hanno innovato molto lavorando insieme alle università, alle scuole, ai sindacati, avvalendosi delle risorse di formazione generate dalla Regione e dall’”ombrello istituzionale” che ha consentito di potenziare la loro interazione.

La scelta della parola “patto” diverge da quella denominata “contratto si richiama a Thomas Hobbes per il quale il patto lega gli individui di una comunità in modo stringente e irrevocabile. La scelta della parola “patto” appare foriera di fiducia reciproca sull’esito delle azioni fra i componenti sottoscrittori: non così molte controverse esperienze di piani strategici realizzati in Italia dai governi territoriali.

Gli obiettivi generali sono stati articolati in obiettivi SMART (Specifici, Misurabili, Raggiungibili, Realizzabili, Temporizzati) relativi allo sviluppo economico-sociale e al mercato del lavoro. L’Amministrazione Regionale

ha orientato su questi obiettivi concordati le sue azioni e soprattutto i finanziamenti europei che hanno costituito la principale fonte di finanziamento delle diverse attività.

I principali risultati complessivi rispetto agli obiettivi del Patto (dati del secondo trimestre 2019) sono stati:

a. il valore aggiunto è aumentato, ogni anno sull’anno precedente, dell’1,4% nel 2016, dell’1,8% nel 2017, dell’1,5% nel 2018;

b. gli occupati aumentati di 135 mila dal 2015 con un tasso di occupazione del 71,3% (che supera quello della Lombardia);

c. La disoccupazione scesa dal 12% al 5 %, nel periodo dei cinque anni di osservazione;

d. Il Tecnopolo di Bologna diventa il primo centro di big data e AI d’Europa, un investimento regionale, nazionale ed europeo che porta alla visione di una policy oggi rinominata Data Valley.

Il Patto per il Lavoro è stato un modello di policy e di organizzazione replicabile basato su sei approcci convergenti, sei strumenti replicabili anche in altri contesti.

1. un modello di politiche e azioni integrate su capitale umano, innovazione, politiche territoriali, welfare, non più separate fra responsabilità e interessi diversi ma fra loro integrate e ricorsivamente rafforzantesi, fuori dai tradizionali silos per materia (figura 1);

2. una politica di valorizzazione del sistema produttivo nelle fasi alte delle catene del valore globale;

3. una strategia di investimenti pubblico-privati selettivi e non a pioggia con il consenso e la partecipazione degli stakeholders, utilizzando al 99% i fondi UE e attraendo capitali europei pubblici e privati UE per gli investimenti in science and technology;

4. una Comunità Performante di attori pubblici e privati che ha organizzato la partecipazione dei corpi intermedi;

5. una organizzazione reticolare per realizzare il Patto: più che un generico ecosistema una rete governata della ricerca, delle imprese, della formazione oltre che una efficace organizzazione temporanea per gestire il Patto;

6. il supporto offerto alla realizzazione del Patto da una Amministrazione che ha iniziato a cambiare sé stessa verso un diverso paradigma.

ll Patto per il Lavoro è stato sostenuto una comunità fra i soggetti tesi alla innovazione. Il Patto per il Lavoro è stato in molti casi un “ombrello istituzionale” che ha attivato o protetto processi di coesione sociale fra autonomi ma connessi soggetti del territorio. Il Patto per il Lavoro è stato anche un dispositivo per comunicare e legittimare progetti innovativi di progettazione congiunta di tecnologia, organizzazione, e lavoro.

Figura 1. Il modello adottato di integrazione fra politiche e azioni sul capitale umano, innovazione, territorio, welfare (Patrizio Bianchi)

Lavoro. Un patto per il lavoro di qualità che crei valore economico e sociale insieme alla crescita e protezione delle persone ha significato porre al centro i lavoratori e le loro esigenze all'interno di un quadro economico e sociale che sta vivendo profonde mutazioni e che richiede adattamento e innovazione. Le azioni principali hanno riguardato la formazione dei giovani e la riqualificazione professionale degli adulti. Così si spiegano i vari investimenti sulla formazione professionale, sugli Istituti Tecnici Superiori, sui corsi di laurea innovativi come nel caso del Muner, la formazione sui big data e l’Intelligenza artificiale, ma anche i percorsi contrasto alla dispersione scolastica e di inclusione di soggetti deboli, di riqualificazione dei lavoratori su temi come l'Industria 4.0. La fondazione di un’Academy per il futuro middle management e top management della Pubblica Amministrazione, sostenibile e digitale. Academy finanziata per un terzo con fondi EU e per il resto con mezzi regionali, con la partecipazione dei sindacati del comparto.

Emilia-Romagna Il tutto però con una profonda connessione con il territorio La tradizionale eccellenza emiliana-romagnola nella manifattura basata sull’economia di scala non basta più: occorre eccellere nell’economia della conoscenza e dei dati.

La visione proposta dal Patto è quella di una Emilia-Romagna come regione:

a. che passa dall’economia di scala all’economia della personalizzazione, from volume to value

b. forte in Italia e in Europa nella manifattura di qualità e nei servizi avanzati, locomotiva di un nuovo triangolo industriale

c. capace di aumentare il valore aggiunto attraverso le tecnologie e la valorizzazione del lavoro

d. principale hub europeo su big data ed intelligenza artificiale

Questo ha significato una scelta di politica industriale chiara con la decisione da una parte di puntare su settori in cui l’Emilia-Romagna è candidabile a collocarsi nelle fasce alte della catena globale del valore come l'automotive, la manifattura avanzata e l'agrifood. E soprattutto a creare una nuova area strategica dell’economia dei dati del futuro: la Data Valley, in cui il Tecnopolo di Bologna diventa l’hub di big data più grande d’Europa e uno dei più grandi del mondo.

Questi tre elementi (patto, lavoro, Emilia-Romagna) e il loro stretto rapporto sono stati supportati da una amministrazione pubblica che ha avviato un processo di cambiamento organizzativo di se stessa verso un nuovo paradigma di una Amministrazione.

L’amministrazione che cambia se stessa: il modello e le azioni intraprese

Il Patto per il Lavoro è stato reso possibile dal supporto offerto da una Amministrazione efficiente che ha acquisito in tempo la quasi totalità delle risorse europee disponibili e le ha rese disponibili con il minimo di burocrazia.

Essa ha avviato un processo di cambiamento organizzativo di sé stessa per diventare partner della comunità degli innovatori del Patto, muovendosi verso un nuovo paradigma organizzativo e professionale e avviando un progetto di change management.

Il paradigma a cui tendere è stato quello di una Amministrazione a rete eccellente orientata a garantire servizi, tesa cioè a:

• ascoltare e soddisfare i bisogni dei cittadini;

• fornire direttamente o mediatamente servizi, più che amministrare unicamente diritti;

• diventare un nodo proattivo delle complesse reti pubblico-private;

• essere di supporto allo sviluppo degli attori del territorio;

• essere organizzativamente agile e flessibile;

• costare meno:

• essere integra;

• sviluppare sistemi e comportamenti professionali di qualità da parte del personale regionale;

• innovarsi al suo interno con tecnologie avanzate

Le azioni attivate sono state numerose e fortemente coordinate dal vertice dell’Amministrazione e dalla Direzione Generale trasversale DGREI a cui è stata affidato il presidio e lo sviluppo dell’organizzazione, informatica, risorse umane, fondi europei.

1. E’ stata varata una nuova macro-struttura organizzativa modellata sui programmi e sugli obiettivi e non sui classici silos struttural-funzionali.

2. Sono stati deliberati 30 obiettivi strategici legati allo sviluppo del Patto per il Lavoro

3. E’ stato ottenuto un ottimo tasso di utilizzazione dei Fondi Europei che, superiore a quello di altre Regione stato un fattore critico di successo del Patto per il Lavoro

4. E’ stato ridefinito il sistema di programmazione e di valutazione delle performance, come strumento di orientamento attivo e di “carburante” per il cambiamento

5. E’ stata condotta l’analisi organizzativa come un programma condiviso di cambiamento organizzativo e professionale.

6. Sono stati avviate sperimentazioni di smart working

7. Sono stati fatti intensi investimenti per la formazione e valorizzazione del personale regionale.

8. Sono stati fatti importanti investimenti in IT

9. Sono state avviate applicazioni sperimentali di Intelligenza Artificiale specifiche per la Pubblica Amministrazione.

Il percorso

1. Alla fine del 2015 la Giunta definisce la riorganizzazione della macrostruttura organizzativa, che viene messa in opera rapidamente fra febbraio e maggio del 2016:

• Vengono ridotte le Direzioni Generali da 10 a 5 corrispondenti ai principali capitoli delle politiche, e ad una trasversale.

• Vengono ridotti i servizi, ossia le unità elementari dell’organizzazione da 97 a 86

• Vengono ruotati 48 dirigenti su una platea di 96, applicando largamente il piano anticorruzione e favorendo l’apprendimento professionale delle persone

• Viene formulato un programma di significativa riduzione della spesa dirigenziale

• Viceversa vengono messe a bando nuove Posizioni Organizzative (PO, ossia middle managers con responsabilità gestionali o con eccellenza specialistica), differenziando le retribuzioni, introducendo la possibilità della delega di alcune funzioni dirigenziali

Tale impostazione tende a ridurre drasticamente la precedente struttura funzionale a silos scarsamente interagenti.

Figura 2 La struttura organizzativa della Regione Emilia-Romagna

2. Il Documento di Economia e Finanza (DEFR) Il DEFR della Regione Emilia-Romagna fa riferimento alle dimensioni economiche e sociali e definisce il sistema di finanziamento, regolazione e promozione dei servizi che hanno impatto economico e sociale per i cittadini della Regione. In base a ciò, alloca le risorse proprie e quelle europee e nazionali disponibili. Gli obiettivi del Patto per il Lavoro sono stati collocati entro le dimensioni del DEFR: ossia il Patto per il Lavoro cioè non ha attivato una amministrazione parallela, rafforzando la visione che il Patto è parte della Amministrazione Regionale, non un progetto ad hoc. Viene tuttavia ridisegnato il collegamento fra Budget Finanziario, Piano delle Performance per fare avvenire davvero i programmi.

3. Il DEFR però spesso indicava obiettivi strategici e obiettivi di direzione operativi non chiari e non sempre corredati da indicatori espliciti oppure costituenti talvolta liste di attività da svolgere prive di carattere strategico. Venne così introdotto un piano degli obiettivi di cambiamento, collegati accuratamente agli obiettivi presenti nel Documento di Economia e Finanza. Gli obiettivi vennero così raggruppati dapprima in 120, poi in 90, poi in 41 e infine in 30 obiettivi di cambiamento, ossia gli outcome di intervento sull’economia e la società del territorio della regione. Da un punto di vista organizzativo, tutti obiettivi trasversali, che avrebbero dovuto essere conseguiti da diverse direzioni e servizi integrate fra loro da una organizzazione a matrice, un modello organizzativo moderno, difficile e del tutto inconsueto per una Pubblica Amministrazione.

I 30 obiettivi di cambiamento del 2019 sono stati raggruppati in 5 “aree di cambiamento”, ossia outcome di intervento sull’economia e la società del territorio della regione, in linea con i contenuti del patto per il Lavoro. Esse erano 1. Crescita e lavoro; 2. Semplificazione, efficienza e trasparenza; 3. Persone e Comunità; 4. Sostenibilità; 5. Risorse dell’Ente

Figura 3. Gli obiettivi di cambiamento

4. La DGREII ha rivisto il sistema di sistema di valutazione delle performance riformulando il rapporto fra programmazione e valutazione, cercando di superare una serie di problemi organizzativi, tipici di tutte le organizzazioni pubbliche: molte stanze, molte pareti, poche scale tra un piano e l’altro; settori chiusi in sé stessi (silos); non si fa (abbastanza) innovazione; difficoltà nella conduzione di politiche integrate; scarsa mobilità dei collaboratori (verso l’alto e verso il basso); si lavora per adempimenti delle attività e non per risultati di programmazione e del sistema di valutazione delle performances.

Il sistema di valutazione è stato rivisitato in base a due criteri chiave:

I. Valorizzazione degli Obiettivi/Progetti che discendono dagli obiettivi di cambiamento strategici, tesi a raggiungere outcome rilevanti per i cittadini e per le imprese del territorio,

II. Precisazione degli obiettivi come obiettivi SMART (specifici, misurabili, raggiungibili, rilevanti, temporizzabili), in modo che essi contengano indicatori chiari e congrui con gli obiettivi strategici.

Le materie della valutazione sono per tutti (Dirigenti, PO e impiegati/comparto) principalmente due:

• i risultati conseguiti, misurati attraverso indicatori e parametri sempre più precisi;

• i comportamenti organizzativi, valutati in modo sempre più condiviso

E’ stato introdotto così un “cambio d’angolo” nel modello di funzionamento della “burocrazia” dell’Ente per renderla sempre meno un orologio burocratico e sempre di più un organismo aperto sull’esterno, resiliente, efficace, efficiente. Al sistema di valutazione vennero assegnate le seguenti priorità di cui indichiamo le parole chiave:

a. Focus sui risultati: potenziare la concentrazione sui risultati

b. Cambiamento: facilitare e indirizzare il cambiamento e l’innovazione

c. Ottimizzare effettivamente risultati e comportamenti organizzativi: ottenere che le attività assegnate siano svolte conseguendo risultati misurabili e agendo comportamenti organizzativi che potenzino il servizio, l’efficacia, l’efficienza, lo sviluppo delle persone

d. Cultura: potenziare ulteriormente la diffusione di una cultura della responsabilità, dell’orientamento al risultato, della qualità e del ben fatto, della cooperazione, condivisione di conoscenza, comunicazione e costruzione di comunità a tutti i livelli.

e. Valutazione come supporto alle persone: fornire feedback alle persone, identificare eventuali azioni correttive, identificare percorsi formativi (Integrazione tra sistema di valutazione e piano della formazione dell’Ente).

f. Crescita professionale: privilegiare azioni per la crescita professionale

g. Remunerazione: calcolo di bonus o retribuzioni variabili: la valutazione non è un mero sistema per distribuire bonus anche se prevista dalla legge Madia.

h. Semplificazione: prevedere un’unica scala di valutazione per tutti i profili professionali (scala lineare che va da 0 a 100).

5. Con l’occasione del Piano del Fabbisogno richiesto dal Decreto Legislativo 75/2017 è stata condotta una analisi organizzativa richiesta dal DL 75/2017 2rispondente ai criteri di cambiamento organizzativo definiti dalle linee Guida del DFP, ossia

• accrescere l’efficienza delle PA, razionalizzarne i costi, realizzare la migliore utilizzazione del personale pubblico

• ottimizzare l’impiego delle risorse pubbliche disponibili per il perseguimento di “obiettivi di performance organizzativa, efficienza, economicità e qualità dei servizi ai cittadini”

• garantire “l'ottimale distribuzione delle risorse umane”

• tenere conto delle “risorse quantificate sulla base della spesa per il personale in servizio” e di quelle connesse alle facoltà assunzionali dell’ente

• essere preceduta dalla informazione ai soggetti sindacali

Si è deciso di rispondere al dettato del Decreto Legislativo 75/2017 non come una mera compliance ma di utilizzarlo come una “occasione unica” per avviare un processo di analisi dell’intera organizzazione regionale e per avviare un processo di manutenzione evolutiva del sistema organizzativo e professionale finalizzato a adeguare i processi interni ed esterni, sviluppare la cultura dell’ente, ridefinire gli organici, avviare un percorso di sviluppo del sistema professionale.

La DGREI, con il supporto metodologico della Fondazione Irso, ha condotto cosi un progetto che ha consentito di

• costruire un quadro conoscitivo delle dimensioni organizzative di tutte le direzioni dell’ente ( inconsueta per le dimensioni e il perimetro analizzato) e condiviso (per il metodo seguito nell’analisi)

• esplorare le possibili opportunità di ottimizzazione per migliorare il livello di efficienza dei processi, attraverso semplificazione dei processi interni, riallocazione di organici tramite all’interno del perimetro regionale, maggiori sinergie coordinate con le in-house, ecc

• iniziare a delineare modelli per rigenerare le professionalità interne e comprendere quali ruoli inserire nel Piano dei Fabbisogni di Personale (Sviluppo del Sistema Professionale)

• raccogliere informazioni utili e condivisione per la definizione del Piano dei Fabbisogni Formativi

• attivare un dialogo costruttivo fra le Direzioni, che sugli organici soffrono di una tradizionale competizione

2 L’assistenza metodologica è stata assicurata da Federico Butera e Sebastiano Di Guardo della Fondazione Irso

La prima fase del progetto si è svolta nel 2018/19 e lavorare per ridurre le attività indirette (azioni promosse dalla DGREII)

• Eliminare attività inutili

• Eliminare duplicazioni

• Smartworking e direzione per obiettivi

• Digitalizzazione

• Adozione di Intelligenza artificiale per ottimizzare attività dirette (azioni condivise con le Direzioni)

• Valutazione efficacia e efficienza

• Semplificazione e ottimizzazione processi

• Potenziamento sistema professionale

• Formazione per avviare misure di efficientamento

• Reskilling: partecipazione, collaborazione ai cambiamenti, formazione

• Razionalizzazione delle strutture organizzative

• Rinuncia ad attività superflue

• Completamento delle esternalizzazioni delle funzioni accessorie

Figura 4. Il progetto di analisi organizzativa ex DLG 75/217

6. E’ stato delineato Il sistema professionale della Regione E-R come sistema che svolge tre funzioni diverse e convergenti:

• definisce la componente umana del sistema di erogazione dei servizi

• rafforza le identità professionali ampie e non burocratiche delle persone e i modi di organizzazione del lavoro

• definisce la base del sistema di gestione e sviluppo del personale

Figura 5. Il modello professionale adottato ( Butera)

Il sistema professionale è concepito per assicurare la coerenza tra il sistema dei ruoli, dei mestieri e delle professioni con le competenze/capacità presenti in Regione in modo da garantire un adeguato livello di copertura dei processi e delle funzioni presidiata e da prevedere il livello delle competenze tecnico specialistiche e organizzative necessarie e per lo sviluppo del personale.

Il modello di analisi e progettazione del sistema professionale si basa su tre cardini robusti e semplici.

 Ruoli Agiti ovvero l’insieme dei

• Processi di lavoro (attività e compiti) che si svolgono all’interno dei servizi

• le Relazioni con altri ruoli, organizzazioni, persone e tecnologie

• il raggiungimento di Performance (risultati misurabili e confrontabili nel tempo)

• le Competenze (conoscenze e capacità)

 Persona al Lavoro

ossia la irripetibile storia di ognuno fatta di capacità e competenze professionali e umane, aspirazioni, personalità come fonte di qualità, miglioramento e innovazione per sé e la propria organizzazione (the workplace within)

 il Mestiere e la professione

ovvero la modalità visibile e riconosciuta con cui una persona esercita una serie di ruoli omologhi costituente, una “professione a banda larga, un “centro di gravità” permanente che conservi l’identità nella estrema varianza dei processi e delle competenze.

Figura 6. Il modello di analisi e progettazione del lavoro (Butera e Di Guardo)

Il modello professionale prescelto dalla Regione Emilia-Romagna è in massima sintesi quello di passare da dipendenti a professionisti, che hanno una deontologia, si assumono responsabilità verso l’Istituzione e verso il pubblico e che sono sospinti da un continuo processo di miglioramento delle competente. Ed è con questo modello che le persone dell’Amministrazione hanno partecipato alla realizzazione del Patto per il Lavoro

7. Si decise di adottare nuovi modelli di organizzazione del lavoro e di smart working ispirandosi a organizzazioni pionieristiche come Tetrapak di Modena e Crédit Agricole di Parma.

Gli obiettivi dell'introduzione erano :

• Aumento della produttività sia con crescita dei servizi erogati che con la crescita della loro qualità.

• Razionalizzazione degli spazi senza inutili duplicazioni e ripensando all'utilizzo dei locali.

• Miglioramento della conciliazione vita-lavoro con una maggior flessibilità oraria e la possibilità di utilizzo di spazi distribuiti sul territorio regionale.

• Miglioramento dell'organizzazione del lavoro aumentando le competenze digitali, i modelli organizzativi collaborativi e l'orientamento al risultato più che all'orario di lavoro.

In concreto lo smart working consiste in questo caso in alcune regole organizzative come la presenza di una fascia di attività standard (7.30-19.30) dove il collaboratore, se connesso, è contattabile e di una fascia oraria di disconnessione (19.30-7.30). Saltano dunque in larga parte i vincoli temporali, fatte salve le tutele su un orario di lavoro massimo. Così come saltano i vincoli spaziali nelle giornate di smart working, dove si utilizzano "prioritariamente" gli spazi di coworking della Regione ma anche altri spazi come la propria abitazione e "occasionalmente" gli spazi aperti.

Per gli smart workers, temporanei o permanenti, il controllo visivo della presenza sparisce, quindi anche il badge. Il gruppo di dipendenti è valutato per obiettivi a breve termine (qui sta l’innovazione), oltre che gli obiettivi a lungo termine: e qui sta l’innovazione

Non si tratta solo di un diverso utilizzo dei tempi e dello spazio: si tratta di cambiare anche il contenuto di lavoro, the work itself. La base del progetto è un ripensamento organizzativo volto ad assegnare a ciascun collaboratore obiettivi chiari e indicatori misurabili da raggiungere così che si possa poi auto-organizzarsi nelle attività che concorrono al raggiungimento di questo obiettivo: in linea con il sistema di valutazione delle performance adottato dalla Regione di cui abbiamo parlato prima. Lo scenario finale è quello di passare da impiegati a professionisti, il punto di riferimento del nuovo sistema professionale da costruire. Questo è un profondo cambiamento nella concezione del lavoro, con implicazioni ancora da approfondire sulla formazione e sullo sviluppo professionale.

Questa progetto viene incontro anche profonde modifiche nella vita di lavoro dei dipendenti regionali dovuti al mutamento demografico. L’ età media dei dipendenti sensibilmente aumentata (55 anni), prospettive di pensionamenti improvvisi dovuti all’applicazione dei requisiti denominati “quota cento”. Non solo. Molti dei dipendenti sovraccaricati di attività risultano contemporaneamente sovraccaricati anche dalla dipendenza di un maggiore lavoro di cura, dovuto alla necessità di assistere anziani, figli e nipoti. Inoltre, l’aumento dell’età media è ovviamente correlata all’aumento della frequenza di assenze brevi (permessi, malattie brevi, ferie brevi).

L’Emilia-Romagna, pur avendo pienamente condiviso con il Sindacato questo approccio, lo ha trattato come una componente di un nuovo modello sociotecnico, non come materia di contrattazione e di welfare. Ha responsabilizzato i dirigenti a individuare teams che possono adottare questa misura per migliorare i processi e la qualità della vita di lavoro delle persone. Ha riconfigurato, l’architettura e gli approcci dei devices fisici, dei sistemi e dei servizi informatici , adottando una strategia di gestione nel cloud facilmente integrato con i principali tools per ogni dipendente. Come sono mutati gli investimenti in sicurezza informatica e comincia la realizzazione dei primi spazi di co-working all’interno dell’amministrazione.

Le prime analisi sperimentali mostrano che, ove lo Smart Working viene applicato, si registra un miglioramento del benessere organizzativo e della produttività, una significativa riduzione di assenze brevi (malattie comprese), l’autodisciplina dell’assenza dall’ufficio a poco più di un giorno a settimana.

Questa innovazione ha infine permesso di ridurre le emissioni di CO2, decongestionando sensibilmente il traffico nelle ore di punta, soprattutto se altre organizzazioni adotteranno lo stesso approccio.

Infine sono state ridotte di oltre il 30% in tre anni le stampe e le copie nell’Ente.

Ad oggi gli smart workers sono circa 500, per due terzi donne, prevalentemente quadri

8. Sono stati investiti oltre 1 milione e 200.000 euro per la formazione e valorizzazione del personale regionale , investimenti raggruppabili in due macro aggregati : l’aggiornamento necessario allo svolgimento ottimale dei compiti e delle funzioni e la formazione tesa a cambiare i paradigmi dei comportamenti organizzativi.

Tale approccio è stato rafforzato prevedendo bandi selettivi per l’assegnazione delle Posizioni Organizzative (PO: circa 500 persone nel 2016 su 1.500 quadri. Inoltre vi è stato un significativo ricambio da Dirigenti a PO e viceversa, sia permutazione fra la popolazione dei PO.

Un ruolo fondamentale ha avuto l’Academy, una idea condivisa con i Direttori Generali e con le Organizzazioni Sindacali prima che la Giunta prendesse la decisione finale La Giunta voleva una Academy diversa dalle due prevalenti offerte in materia di formazione in Italia: da una parte quella romana della Scuola Nazionale dell’Amministrazione, molto tarata sulle amministrazioni centrali e forte principalmente nel campo del diritto amministrativo; dall’altra quella milanese della Bocconi, che proponeva percorsi di formazione per la PA molto centrati sul New Public Management. L’Academy della Regione Emilia- Romagna si proponeva invece di costituire un unicum nella capacità di innovazione di Enti Territoriali che coniugano politiche di Welfare State e di sviluppo industriale, nonché offrono portafogli servizi molto differenziati. Infine, l’ ultimo obiettivo era quello di formare un community di dirigenti pubblici emiliano- romagnoli che realizzasse un osmosi di competenze fra la Regione e gli Enti Locali da una parte, e il privato eccellente sul territorio dall’altra, in ottica di open innovation.

In questa prospettiva è stata realizzata una gara per un Master di secondo livello biennale in Public Administration and Innovation aperta a cordate di università, con agganci Europei e internazionali a cui oggi partecipano 80 fra Dirigenti e PO. L’Academy ora offre stabilmente sette prodotti: oltre al Master biennale, anche sei master annuali di primo livello cui hanno partecipato 83 funzionari.

Quasi 150 invece sono gli addetti di categoria C che hanno partecipato, ogni anno, ad esperienze formative abilitanti.

Le aspettative, assieme al massiccio ingresso di nuovi quadri (circa 500), è che la cultura organizzativa cambi assai rapidamente.

9. Numerosi sono stati gli Investimenti di innovazione tecnologica che hanno dato impulso al processo di trasformazione digitale dell’Ente che oggi viene presidiato nel Centro di Competenza per la Transizione al Digitale. Tra le iniziative realizzate in questi anni si evidenziano in particolare: l’aggiornamento delle dotazioni assegnate a tutti i collaboratori; l’adozione di Office 365 per la produttività ; la realizzazione della nuova Intranet con funzioni di Digital Workplace; la centralizzazione dei servizi di stampa; l’incremento dei servizi di funzionalità dello sportello del dipendente; il miglioramento dell’usabilità da dispositivi mobili con la nuova interfaccia; la possibilità di collegamenti in video o chat tramite Skype for Business e; una rinnovata organizzazione dell’assistenza utenti.

Sono state anche realizzate azioni finalizzate ad incrementare le competenze digitali di tutti collaboratori con interventi formativi e informativi mirati e l’individuazione di collaboratori con funzioni di Guida Digitale Sono stati realizzati cruscotti direzionali per l’analisi di dati di rilevanza strategica per l’Ente (es. sui finanziamenti europei e per il controllo delle società partecipate) e sperimentazioni di analisi di Big Data e utilizzo dell’Intelligenza Artificiale (per esempio realizzazione di un supporto automatizzato per l’URP e l’attività di protocollazione, che ha ridotto le attività burocratiche).

E’ stato assicurato il supporto all’avvio dell’Agenzia per il Lavoro che utilizza i gestionali dell’Ente.

La dematerializzazione ha prodotto notevoli risparmi che via via hanno finanziato le spese nei nuovi devices fisici.

Tale coerenza, unita ad una gestione in ticketing della assistenza, ha migliorato l’esperienza d’uso dei sistemi informativi da parte delle persone che lavorano, riducendo moltissimo le emergenze e le lamentele. Per l’avvio dello smart working, di cui abbiamo parlato sono i stati realizzati i presupposti tecnologici oltre che organizzativi hanno ricevuto apprezzamenti e riconoscimenti a livello nazionale (Premio HR Innovation Award 2019 del Politecnico di Milano; premio speciale Innovazione per “Evoluzione metodologica” 2019 dell’Associazione Italiana Formatori e altri) nell’ambito del quale sono state create positive sinergie con altre Pubbliche Amministrazioni e un’intensa rete di relazioni e scambi.

Conclusioni: verso un nuovo paradigma di organizzazione della Pubblica Amministrazione

Il paradigma a cui questo progetto ha teso è quello di una “Amministrazione a rete eccellente orientata a garantire servizi”. Ossia un modello proiettato ai risultati e non alle procedure, che si allontana da una struttura burocratica per divenire un nodo di servizio e di animazione di reti pubbliche e private orientate all’innovazione, a creare valore aggiunto e a valorizzazione del lavoro. Una amministrazione tesa a ascoltare i bisogni dei cittadini e a fornire direttamente o mediatamente servizi di qualità, organizzativamente agile e flessibile; che costi meno e sia integra.

Il Patto per il lavoro è stato per l’Amministrazione il driver principale per riconfigurarsi sulla base di obiettivi di trasformazione sociale di lungo periodo oltre che fornire servizi eccellenti alle persone e alle imprese

(I risultati della ricerca condotta dalla Fondazione Irso sono in Coesione e innovazione. Il Patto per il lavoro dell’Emilia-Romagna di Patrizio Bianchi, Federico Butera, Giorgio De Michelis, Paolo Perulli, Francesco Seghezzi, Gianluca Scarano. P ostfazione di Vincenzo Colla, Il Mulino ( in corso stampa)

Bibliografia essenziale

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Trist E., Murray H. (1993), The Social Engagement of Social Science, Vol. II, University of Pennsylvania Press, Philadelphia


 
 
 
 

La forca inutile: per una riforma della pubblica amministrazione italiana

Di Francesco R. Frieri 11 Novembre 2018, Ago e Filo

Poco meno di metà dell’economia della nostra piccola Italia è economia pubblica. I servizi pubblici ci permettono di imparare, educarci, spostarci, salvarci di fronte ad una calamità naturale, un incidente, un’aggressione, di avere un’identità individuale e collettiva, perfino riguardo al luogo e alla natura ove nasciamo e viviamo. È impensabile fare a meno dello spazio pubblico, e tutti rivendicano di avere diritti. Ma i diritti costano, come è stato scritto, perciò lo Stato moderno deve prelevare coercitivamente le imposte facendo leva sulla fiducia dei cittadini contribuenti.

I diritti sono civiltà, sono prodotti da più di tre milioni di persone in Italia, cui si sommano i fornitori della Pubblica Amministrazione. Il senso di questi pensieri è osservare come, dalla crisi dello stato fiscale dei primi anni novanta in Italia, la dimensione del lavoro nella pubblica amministrazione sia stata impregnata da una filosofia “costrittiva”. Come se, rivolgendosi al dipendente pubblico, ognuno di noi dicesse: “siccome ho pagato, adesso tu devi fare, perché io ti ho pagato”. Così di riforma in riforma, l’inasprimento delle pene, senza alcuna finalità di recupero, è stato ostentato dai governi a riprova della responsabilità contrattuale dei contribuenti elettori.

Ma perché mai un decimo della popolazione attiva italiana dovrebbe essere naturalmente truffaldino?, perché il dipendente pubblico dovrebbe agire contro la propria coscienza?, di modo che solo la paura dell’autorità lo riconducaalla dovuta disciplina?

San Paolo nella Lettera ai Romani (13) dice che ogni autorità viene da Dio e che chi vi si oppone lo fa all’ordine stabilito da Dio, non invano l’autorità porta con sé la spada, pertanto le tasse vanno pagate e gli esattori sono al servizio di Dio. Ma Paolo sorprende tutti quando conclude che è necessario stare sottomessi non solo per paura della punizione, ma anche per ragioni di coscienza. Quasi a suggerire che se un’autorità non è in grado di sottomettere con la coscienza le persone, essa non provenga da Dio, legittimando perfino la non sottomissione.

Attenzione a che non sia troppo facile, che non basti invocare la propria coscienza per non rispettare l’autorità e benedire l’evasione fiscale! che sarà mai la coscienza ai nostri tempi?

Ce lo dice Bonhoeffer: “La coscienza è una voce che proviene da una profondità più remota che la volontà o la ragione, e si fa udire come appello dell’esistenza umana all’unità con sé stessa. Si manifesta come accusa contro la perduta unità e come una messa in guardia contro la perdita di sé stessi. (…). Protesta contro un’azione che mette in pericolo quei modi d’essere nella sua unità con sé stesso.” (DB, Etica, Bompiani 1969, p. 203).

Bonhoeffer ce l’aveva con i Tedeschi troppo succubi dello Stato negli anni ’30, ma non è pensabile che tre milioni e mezzo di Italiani applicati nella pubblica amministrazione non sentano un tale appello proprio dell’esistenza umana. Probabilmente è la riforma della classe dirigente della pubblica amministrazione, la proposta di un set di valori comprensibili e convincente (un’Etica si diceva una volta), che mancano. Da tali assenze sorge un problema di motivazione sotto gli occhi di tutti, evocato dai cittadini indignati. Ma la motivazione intrinseca, sia esso lavoratore o componente della famiglia, non può certo essere imposta alla persona. Non è plausibile che i dipendenti pubblici italiani siano scocienziati rispetto al resto della popolazione attiva del paese.

Non c’è dubbio che Paolo di Tarso sia stato molto convincente nella lettera ai suoi concittadini ma, a pena di blasfemia, forse Mark Twain ci offre un saggio sulla motivazione impareggiabile, senza porsi il problema della coscienza, gettando uno sguardo rassegnato ma ironico sulla natura umana: “E se poi Tom fosse stato un grande filosofo come l’autore di questo libro, ne avrebbe dedotto che Lavoro è qualsiasi cosa uno sia obbligato a fare, e Gioco qualsiasi cosa uno scelgadi fare. (…) Certi ricchi signori in Inghilterra, guidano una pesante diligenza a quattro cavalli per trenta o quaranta chilometri in pieno giorno d’estate, e lo fanno perché questo privilegio gli costa un bel mucchio di quattrini. Ma se qualcuno gli offrisse una paga per il servizio, questo diventerebbe subito un lavoro, e loro si licenzierebbero su due piedi.” (MT, Le avventure di Tom Sawer, Mondadori 2001, p. 23).

Concludendo, servono alcune riforme strutturali per migliorare le prestazioni della pubblica amministrazione: in primo luogo la valutazione e il reclutamento della Dirigenza, in secondo luogo occorre dichiarare i valori che sottendono al servizio pubblico e renderli patrimonio della vasta comunità che serve il bene comune giorno per giorno. Eludendo tali nodi, l’inasprimento delle pene e le roboanti ostentazioni di pendagli da forca, finiranno per acuire il problema producendo ulteriore demotivazione.

https://www.agoefilo.info/2018/11/la-forca-inutile-per-una-riforma-della-pubblica-amministrazione-italiana/